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31 Luglio 2015 - 17:51
ebola
Una ''grande svolta''. Così il direttore scientifico dell'Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma, Giuseppe Ippolito, definisce il vaccino sperimentale contro il virus Ebola messo a punto dal National Institute of Health canadese e ora sviluppato dalla multinazionale Merck Sharp and Dohme. Ma avverte: ''Ora diventa però urgente definire una strategia precisa, per fare in modo che il vaccino arrivi concretamente alle popolazioni nel momento in cui ce ne sarà bisogno''.
''Sicuramente - chiarisce Ippolito all'ANSA - questo vaccino rappresenta un grandissimo passo avanti nella lotta contro Ebola anche se, purtroppo, giunge tardi, quando l'epidemia sta ormai scemando. Si tratta di un vaccino preventivo ed i test di fase III hanno appunto dimostrato che i soggetti campione cui è stato somministrato, e che avevano avuto contatti con persone infettate, hanno sviluppato una risposta immunitaria al virus.
Questi soggetti, dunque, non dovrebbero ammalarsi''. Da qui, chiarisce, il modello di somministrazione proposto ad 'anelli concentrici': ''Il vaccino andrebbe cioè dato alle persone che sono entrate in contatto con un infetto, partendo da quelle che hanno avuto contatti maggiori, Ciò al fine di garantire una protezione 'allargata' in caso di epidemie''. Insomma, una sorta di 'blocco' al virus, per impedire che dal caso '1' possa poi propagarsi ad altri. Di fronte ad eventuali future emergenze, dunque, il vaccino preventivo rappresenterebbe un''arma' fondamentale: ''Ma va detto - precisa Ippolito - che ci sono anche altri vaccini in fase avanzata di sviluppo. E' dunque verosimile che, a breve, avremo a disposizione più vaccini contro Ebola''. A fronte di ciò, avverte l'esperto, diventa però ora ''urgente mettere a punto delle strategie che garantiscano l'accesso e la diffusione dei vaccini stessi: questo vaccino, in particolare, è uscito dal laboratorio ed è stato dato a migliaia di soggetti campione; ma una cosa è somministrare il farmaco nell'ambito di uno studio, un'altra è garantirlo in caso di emergenza ad un grandissimo numero di persone''. Per queste, avverte, ''il prossimo passo sarà capire quanto dura la protezione assicurata dal farmaco; poi bisognerà valutare come somministrarlo sul terreno a grandi numeri, con quali modalità coinvolgere le popolazioni e come supportare i governi nella distribuzione dei vaccini''. Per gestire tutto ciò, afferma, ''è necessario un modello organizzativo, e una volta definito il nodo relativo ai costi credo che 'il' o 'i' vaccini debbano essere acquisitati da agenzie internazionali e poi garantiti ai Paesi che ne dovessero avere bisogno. E' anche prioritario che l'Organizzazione mondiale della sanità definisca linee di indirizzo che stabiliscano a quali fasce dare subito il vaccino ed in quali situazioni fare scattare l'emergenza per la sua diffusione su larga scala''. Insomma, avendo a disposizione uno o più vaccini, affinchè in futuro possano rivelarsi armi davvero efficaci nel momento dell'emergenza, è fondamentale che siano da subito messi a punto piani organizzativi precisi. L'epidemia in Africa occidentale, infatti, ''sta ora scemando ed i casi sono molto limitati. Tuttavia non siamo ancora arrivati a zero casi e, comunque, solo dopo che sono trascorsi 42 giorni dall'ultimo caso si può dire di essere 'fuori' dalla situazione di pericolo.
L'invito e monito - conclude Ippolito - resta quindi uno: continuare a non abbassare la guardia''.
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