"Candidabile ed eleggibile" per Matteo Renzi ma "impresentabile" per l'Antimafia di Rosy Bindi. Vincenzo De Luca, aspirante Governatore Pd in Campania, è il 'pesce grosso' nella lista dei candidati che per la loro storia giudiziaria non ottengono dall'Antimafia la patente di legalità. Dodici di centrodestra, quattro di centrosinistra: sono i politici che entrano per reati 'spia' di mafia negli elenchi resi noti a poche ore dal silenzio elettorale. Uno schiaffo sonoro in faccia a Renzi, che ancora al mattino, ignaro di tutto, dichiarava solenne: "Scommetto che nessun impresentabile, nessuno, verrà eletto". E solo ieri proclamava "con grande chiarezza dico che il Pd nelle sue liste per le Regionali non ha alcun impresentabile". A sera il premier si amareggia: "Mi fa molto male che si utilizzi la vicenda dell'antimafia per una discussione tutta interna, per regolare dei conti interno al Partito democratico: l'antimafia e' un valore per tutti, non puo' essere usata in modo strumentale". Ribatte la Bindi: "Giudicheranno gli italiani chi davvero usa le istituzioni per fini politici, ma certamente non sono io". Fotofinish di campagna elettorale avvelenato, con tanto di resa dei conti tra i democrats. I renziani azzannano Rosy Bindi. Ernesto Carbone per primo la accusa di aver fatto tutto da sola, "violando la Costituzione e piegando la commissione antimafia a vendette interne di corrente partitica". C'e' chi parla di "liste di proscrizione" (Cantini), chi di "processi in piazza" (Orfini), chi di "operazione vile" (Pizzolante). A falange macedone in difesa della Bindi si schierano invece Bersani, Fassina, Fava, Cuperlo, Civati che definiscono "ignobile" ed "indecente" l'assalto al Presidente dell'Antimafia. Fare la lista era "un dovere", ribatte lei. Prima che parli Renzi, la stigmatizzazione del Pd assume il crisma di una nota ufficiale dei due vicepresidenti Serracchiani-Guerini: "La presidente della commissione, che per tanti anni ha richiamato tutti al valore della Costituzione, poteva evitare di metterne a repentaglio uno dei principi fondamentali" per "una personale lotta politica". E' un tutti contro tutti che avvelena i pozzi alla vigilia del voto. L'ira di De Luca non tarda ad esplodere e il sindaco di Salerno sfida la Bindi, "l'unica vera impresentabile", per "sbugiardarla" in un pubblico dibattito. De Luca si avvinghia con ancora più forza a Matteo Renzi (chiamato in causa già ieri con un "per il premier la Severino è un problema superabile") e oggi afferma: "Mi pare evidente che questa campagna di aggressione, eccessiva anche per Toto' Riina, ha un solo obiettivo: mettere in difficolta' il Governo nazionale e Renzi. L'aggressione vera e' al segretario del partito". Sulla Liguria e la Campania si gioca la vera partita delle regionali. Perciò il candidato del centrodestra Stefano Caldoro (che per il leader Ncd Angelino Alfano "si trova davanti ad un rigore a porta vuota") ha gioco facile nel dire "De Luca non è impresentabile, ma ineleggibile". Dalle opposizioni si mette a vantaggio l'eclatante occasione, denunciando lo "spettacolo indecente" del Pd. Fino alla richiesta definitiva del leghista Roberto Calderoli: "Renzi si dimetta o ritiri De Luca". Sullo sfondo restano, come ombre pallide, i dati Istat del mattino sull'economia in ripresa ed il dibattito su un voto che porterà alle urne un terzo degli italiani. "Non si vota per il congresso Pd nè per il governo nazionale", ricorda con insistenza il premier. "Con un 4-3 Renzi dovrà andarsene", stressa Renzi Silvio Berlusconi. "Con un 4-3 il governo resta, il Cav non si dimise con un 10-2", fa da avvocato difensore Angelino Alfano. "Se batto Berlusconi il leader del centrodestra sono io", guarda oltre il voto il leghista Matteo Salvini.
Il codice Antimafia
Il Codice Antimafia per la formazione delle liste prevede che i partiti si impegnino a non candidare (o sostenere, anche indirettamente) chi si trovi in determinate situazioni processuali. Non serve necessariamente una condanna, tantomeno definitiva. Per diventare "impresentabili" a una qualunque competizione elettorale (dalle europee alle comunali, e persino alle circoscrizionali), basta meno: essere stati rinviati a giudizio oppure, prima ancora di arrivare a un processo, essere stati sottoposti a misure di prevenzione personali o patrimoniali. In particolare: coloro che abbiano ricevuto condanna anche non definitiva o citazione diretta a giudizio, oppure misura cautelare personale non revocata né annullata, o misure di prevenzione personali o patrimoniali, nonché coloro che si trovino in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero coloro che abbiano subito condanna anche non definitiva per danno erariale quale conseguenza di reati commessi nell'esercizio delle funzioni di cui alla carica elettiva per una serie di fattispecie specificamente indicate. Il codice prevede inoltre ulteriori fattispecie di incandidabilità nei casi di adozione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi del Codice antimafia; rimozione dall'incarico di amministratore locale ai sensi del testo unico degli enti locali; aver ricoperto la carica di sindaco o di componente della giunta negli enti sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, anche se il decreto di scioglimento non è ancora definitivo (e quindi anche in assenza di una responsabilità di tipo personale). Dal monitoraggio svolto dalla Commissione Antimafia sui candidati presidenti e sui candidati per i consigli regionali delle sette regioni in cui si svolgeranno le elezioni di domenica prossima emerge che in cinque delle sette regioni al voto (Liguria, Marche, Toscana, Umbria e Veneto) non si registrano casi rientranti nelle previsioni del codice di autoregolamentazione votato all'unanimità in Commissione Antimafia. In Puglia, si registrano quattro casi. In Campania, i casi sono dodici. Il Codice è stato approvato il 23 settembre 2014, e riguarda la formazione delle liste delle candidature per le elezioni europee, politiche, regionali, comunali e circoscrizionali.
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