Quant’è vero che la politica è una scienza diversa, parecchio diversa, dalle altre. Non solo perché è strettamente legata alla figura del Principe e al suo creatore e poi, circa un secolo fa, al sociologo tedesco Max Weber (Veber appunto, da non pronunciarsi come West), che alla politica – e al suo esercizio – dedicò un celeberrimo saggio. Fu proprio durante la discussione del pensiero weberiano che incorsi in un errore di valutazione per il quale lasciai sul terreno più di qualche punto di voto. La questione verteva intorno alla figura del leader carismatico così come disegnato nel saggio La politica come professione proprio del pensatore tedesco. Ebbene, nella cosiddetta «finestra esami» settembrina, il mio esaminatore mi sottopose molto seriamente la questione di chi fosse in quel momento – nel nostro Paese – il leader carismatico (in poche parole colui che – anche a dispetto del suo partito – si impone dal basso). Ahimè! Nominarti, caro Cofferati, fu l’errore nel quale incorsi. Il docente storse il naso e con voce vibrante, dall’alto della sua scienza, mi ricacciò il tuo nome in gola, facendone un altro, quello di un formidabile cineasta, ma uno scarsissimo leader, come le cronache dimostrarono in seguito. Insomma ci sbagliammo entrambi, io illudendomi che i tre milioni di italiani riuniti con te al Circo Massimo avrebbero rappresentato «un nuovo inizio». Sbagliò pure il mio esaminatore contrapponendoti qual leader carismatico, un tal Nanni Moretti che «qualcosa di sinistra» non l’ha detta mai nemmeno lui. Insomma, andò che il voto (non quello delle urne ma quello delle aule), un discreto 27/30 mi fece vergognare della mia poca semenza politica. La qual cosa trovò conferma anche per gli scarsissimi risultati che produssi nella politica praticata (vale a dire nelle urne e non nelle aule), come di recente m’è stato ricordato. Orbene. Caro Sergio, da quei tre milioni di italiani (riuniti con te a Roma nel 2002 in difesa dei diritti di chi lavora) ti separano l’infelice scelta d’interpretare il dopo-Guazzaloca a Bologna e la brutta prova che sostenesti come sindaco. E ancora, ti separa il ritiro nel privato (fabbrica? famiglia, figli) e la riviera: se i ritiri sono accettati per le donne, sono stucchevoli se compiuti dagli uomini che – per loro natura – sono sempre pugnaci. Prova ne sia che «ti sei messo a disposizione» per un incarico giudicato, dai più, di «tutto riposo» come quello di europarlamentare nel quale, però, non ti sei ancora particolarmente fatto notare. E adesso? Adesso sei stato così sventato da candidarti (per servizio naturalmente!) in una selezione alquanto grulla, e fai pure il risentito - facendo volar gli stracci di famiglia in pubblico – proprio nel foyer del bel teatro genovese. E te ne vai, adesso. Adesso che li hai perduti (quelli del 2002) e che ti maledicono per averli illusi. Te ne vai, adesso. Adesso che hai perduto tutto il tuo appeal (la «force tranquille» di mitterandiana memoria). Te ne vai, adesso! Sbattendo la porta.
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