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BOLOGNA. L’avvocato Taormina difende Iaquinta

BOLOGNA. L’avvocato Taormina difende Iaquinta

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Vincenzo Iaquinta, "titolare di porto d'armi", aveva messo da una decina d'anni le due pistole a casa del padre Giuseppe a Reggiolo, dove sono state trovate dentro una cassaforte, in una perquisizione dei carabinieri "perché in casa da lui ci sono dei bambini", e anche perché in quel periodo viveva a Torino e non aveva cassaforte. Lo spiega l'avvocato Carlo Taormina, che assiste sia l'ex calciatore della nazionale sia il padre, arrestato nell'operazione Aemilia della Dda di Bologna. Per Taormina all'ex attaccante verranno contestate "cose di modestissima entità", cioè probabilmente una contravvenzione per non aver denunciato lo spostamento delle due pistole, che "erano lì da tanti anni". Il padre Giuseppe, che aveva il divieto di porto d'armi deciso dopo la cena a cui partecipò a Reggio Emilia con alcune persone ritenute legate alla 'ndrangheta, "è una brava persona", dice l'avvocato. "Quattordici mesi fa si è autodenunciato alla Dda, presentò un esposto". L'imprenditore, escluso da una 'white list', la lista per gli appalti, presentò ai Pm tutto ciò che riguardava la sua azienda, compresi i conti bancari di cui aveva disponibilità per dimostrare che era tutto ok. "Chiese un accertamento, ma la cosa non ha mai avuto seguito, scrivemmo anche al procuratore nazionale antimafia Roberti chiedendo di intervenire", spiega il legale, ma non successe nulla: "La risposta è stata l'ordinanza di custodia cautelare". Dove, peraltro, sottolinea il difensore, "non si fa mai riferimento ad appalti truccati", ma "c'è solo l'accusa di associazione a delinquere" di tipo mafioso.
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