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ROMA. Medico di Emergency. L'Ebola non è ancora sconfitta

ROMA. Medico di Emergency. L'Ebola non è ancora sconfitta

ebola

L'orrore di Ebola l'ha vissuto sulla propria pelle e appunto per questo Fabrizio Pulvirenti, il medico di Emergency che 'vanta' il titolo di 'primo paziente italiano' colpito da questo virus, invita a non abbassare la guardia: ''Ebola - afferma oggi, ormai dichiarato 'guarito' - non è ancora sconfitta''. La sua battaglia contro il virus - che lo ha infettato mentre svolgeva la sua attività di infettivologo in Sierra Leone nel centro di Emergency - lui l'ha vinta, ma avverte che non è ancora tempo per cantare vittoria: ''Sto meglio e sto recuperando - afferma in un'intervista all'ANSA -. Faccio fisioterapia e non ho più bisogno di prendere alcun farmaco, ma non sono ancora tornato a lavorare in ospedale''. Come passa le giornate? ''Studio, sto con la famiglia e mi dedico al mio grande hobby, la cucina''. La sua mente, però, è sempre lì, in Africa dove sono i suoi colleghi di Emergency e dove tanti malati hanno ancora bisogno di cure: ''Voglio tornare in Sierra Leone appena mi sarà possibile. Una volta che mi sarò ripreso - afferma - inoltrerò una nuova domanda di aspettativa''. L'epidemia, tuttavia, sta registrando una frenata anche nei paesi africani finora maggiormente colpiti, un segnale giudicato positivo: ''Certamente - commenta - ma va detto che tutte le epidemie hanno, in genere, una fase di ascesa, una di plateau ed una calante. Al momento, in Sierra Leone i nuovi casi sono passati da circa 100 a 20 al giorno. E' però sbagliato abbassare la guardia, perchè finchè i casi non saranno azzerati non si sarà fuori pericolo e l'epidemia potrebbe riaccendersi''. Pronto, dunque, a ripartire, anche se, ammette, ''la mia famiglia non è proprio felice di ciò, ma mi capisce e mi sostiene''. L'auspicio di tutti e che Ebola sia definitivamente sconfitta, ma c'e' anche un 'dopo Ebola', dice Fabrizio, che ''è drammatico'': ''Sento i miei colleghi in Sierra leone e mi raccontano che ci sono tantissimi bambini rimasti orfani e poichè i loro genitori sono morti per il virus, questi piccoli sono allontanati da tutti e vagano soli e affamati per le strade''. Ma le emergenze sanitarie, in Africa come in altre zone povere del mondo, purtroppo, non mancano: ''Se Emergency rimarrà per il post Ebola in queste aree sarò in prima linea, ma sono anche pronto ad andare in altri Paesi, laddove ci sarà bisogno''. Il perchè di tanta determinazione lo spiega così: ''Bisogna aver guardato negli occhi un malato che sta morendo o un bimbo che vuole essere abbracciato e rassicurato per poter capire''. Insomma, la malattia, oltre un mese di ricovero all'Istituto Spallanzani di Roma - dal 25 novembre allo scorso 2 gennaio - e la dura riabilitazione non sono bastati a 'fiaccare' la volontà del medico 'in trincea'. La prima tappa, per ora, sarà Roma: ''Nelle prossime settimane verrò a fare degli esami e appena possibile donerò il mio sangue, per produrre plasma da convalescente che potrà servire a curare altri pazienti''. E alle critiche, che pure gli sono arrivate, risponde garbatamente, ma con decisione: ''Chi critica è spesso chi, allo stesso tempo, dice che gli aiuti bisogna portarli lì, direttamente nelle zone bisognose. E' proprio quello che noi facciamo, ma purtroppo il rischio 'zero' non esiste''. E allora? ''Allora - risponde Fabrizio - bisogna andare avanti, perchè la paura del rischio non può limitarci o paralizzarci nelle scelte''.
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