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01 Novembre 2014 - 10:53
ebola
La quarantena di 21 giorni, prevista dai protocolli ministeriali per gli operatori sanitari che rientrano dai Paesi africani colpiti dall'epidemia, divide organizzazioni non governative (ong) impegnate sul campo e infettivologi: se per le prime si tratta di una misura inutile e causa di stigma, secondo gli specialisti è invece un'arma prioritaria per bloccare il virus. Ma a lanciare un appello proprio contro questo rischio è stata oggi anche la Federazione internazionale della Croce rossa e Mezzaluna rossa.
"Lo stigma o la discriminazione di operatori sanitari - inclusa la messa in quarantena senza fondamenti scientifici - porterà inevitabilmente ad una crisi di risorse umane nella lotta ad Ebola in un momento in cui abbiamo un bisogno vitale di persone qualificate disposte a mobilitarsi e recarsi là dove sono più necessarie", avverte la Federazione della Croce rossa.
"Non ci sono basi scientifiche - ha detto dal canto suo David Nabarro, coordinatore speciale dell'Onu per Ebola - per le restrizioni poste sugli operatori sanitari di ritorno dall'Africa occidentale, e non ci sono basi scientifiche per metterli in quarantena quando rientrano nel loro Paese se non hanno sintomi".
E poco convinti dell'utilità della misura sono gli stessi medici attivi per contrastare l'epidemia in Africa: "Mi sembra che sia eccessivo", ha commentato il medico valdostano rientrato ieri dalla Sierra Leone, in quarantena domiciliare da questa mattina. Una vera e propria contestazione, invece, quella dell'infermiera statunitense Kaci Hickox, che ieri è uscita per un giro in bicicletta con il fidanzato, sfidando le autorità che le avevano imposto di rimanere in quarantena. Oggi, però, il giudice ci ha ripensato e ha annullato al misura restrittiva.
Contro la quarantena senza sintomi si sono espresse anche la maggioranza delle ong: "Parlare di allarme, di messa in quarantena, non serve a niente e a nessuno - afferma Cecilia Strada, presidente di Emergency -. I medici che operano nei Paesi a rischio meritano forse di essere trattati con maggior rispetto, senza essere considerati come degli untori". Sulla stessa linea anche Medici senza frontiere (Msf): "Misure di quarantena non sono necessarie - afferma Gabriele Eminente, direttore generale di Msf - mentre possono avere un effetto negativo per la gestione dei progetti in Africa". E, sull'Italia, aggiunge ''la situazione è confusa e per questo abbiamo chiesto un incontro di chiarimento al ministro della Salute''. In alternativa alla quarantena, le ong propongono invece un periodo di "monitoraggio stretto".
La pensano diversamente gli infettivologi: ''Il sistema della quarantena - sottolinea il presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), Massimo Andreoni - è il migliore in assoluto per bloccare le epidemie. Nel caso di Ebola, che ha un'incubazione di 21 giorni, è chiaro che tenere il soggetto in quarantena per tutto il periodo garantisce di individuare immediatamente l'insorgenza di eventuali sintomi impedendo il contatto con terzi proprio nel momento di tale insorgenza, quando il soggetto diventa infettivo''. Se il soggetto ''è stato in contatto con malati di Ebola è bene dunque - afferma - applicare la quarantena, poichè i dati ci dicono che, nonostante le precauzioni, il rischio contagio c'è''. Sul fronte italiano, intanto, stanno tutti bene i soldati americani della base Del Din di Vicenza rientrati dalla Liberia e messi precauzionalmente in isolamento. E domani è previsto il rientro in Italia dell'ultimo contingente di una quarantina di uomini Usa dalla missione sanitaria nel Paese africano. Questa sera, intanto, l'Oms ha emesso l'ultimo bollettino, aggiornato al 29 ottobre: i morti sono 4.951 su 13.567 casi in un totale di sei Paesi, più i due dichiarati 'virus free', Nigeria e Senegal. A questi si aggiungerà tra 42 giorni anche la Spagna, dove l'infermiera contagiata è risultata negativa al secondo test, così come tutti le 83 persone monitorate con cui era entrata in contatto.
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