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19 Luglio 2019 - 09:51
Si alternano le amministrazioni comunali ma lui rimane sempre li. È l’ecomostro di Via Torino a Robella d’Asti (tra le località Cavallo Bianco e Cavallo Grigio), che da anni giace in uno stato di abbandono. Nonostante sia comparso all’interno dei programmi delle diverse liste in competizione per la poltrona di primo cittadino, proponendo riqualificazioni di ogni genere, oggi, nel 2019, è sempre li. Il problema è che la questione sembra essere un po’ più seria; alcuni cittadini si sono preoccupati dello stato in cui versa il tetto dell’edificio, probabilmente bucherellato dagli ultimi eventi atmosferici. Nulla di grave, semmai una questione di degrado, se il problema non riguardasse la salute pubblica. Si, perché la preoccupazione è che quel tetto pieno di buchi sia costruito in amianto: il killer silenzioso che nelle nostre zone ha mietuto fin troppe vittime. Nulla di più probabile dopotutto, visto che la ditta che il complesso ospitava, la Sicer (un’azienda che fabbricava piccoli elettrodomestici), ha chiuso i battenti nel 1988. Il bando dell’amianto avvenne invece nel 1992 e, prima di tale data veniva usato un po’ ovunque, dato che sembrava essere il “materiale del futuro”: economico ed ignifugo. Peccato che l’avveniristico prodotto Eternit, il nome del venefico fibrocemento, sia anche canceroso. O meglio, finché rimane intatto è pressoché innocuo, ma i problemi nascono quando si rompe. Questo infatti libera le fibre di cui è composto ed anche la più piccola parte può creare, se inalata, malattie polmonari come l’asbestosi. Se fosse confermata la natura in amianto di quel tetto, allora saremmo di fronte ad un serio problema. Nello stato in cui versa, nulla potrebbe impedire di spargere il suo veleno; se poi si considera la posizione in cui si trova, lungo il bordo di una strada ad alta frequentazione (soprattutto autocarri), che collega le provincie di Asti, Alessandria e Torino, ciò sembra costituire un’ulteriore facilitazione alla diffusione delle fibre. E non è nemmeno poco: il capannone in disuso occupa una superficie di più di 3000 metri quadrati. Si potrebbe anche aggiungere che la posizione dell’immobile è anche vicina a diverse attività commerciali, potenzialmente esposte al rischio di malattie. Quello che è certo è che occorrono immediate verifiche dalle autorità competenti.
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