Tre mesi di telefonate, di messaggi, di richieste. Tre mesi di pressioni per convincere la giovanissima Elisa a riallacciare i rapporti con il padre, condannato per l'omicidio della madre. Oggi Elisa Buoninconti, diciottenne figlia di Elena Ceste, la donna uccisa nel 2014 a Costigliole d'Asti dal marito secondo una sentenza ormai definitiva, è la parte lesa in un procedimento per stalking approdato al tribunale astigiano. Sotto accusa c'è Marilinda Gimelli, 57 anni, di Pisa, che dall'ottobre del 2017 al gennaio del 2018 avrebbe assillato la ragazza con le sue insistenze. "Se il procedimento andrà avanti - annuncia l'avvocato Debora Abate Zaro, che insieme al collega Carlo Tabbia rappresenta da tempo la famiglia Ceste - ci costituiremo parte civile. Ma Elisa chiederà solo il risarcimento simbolico di un euro perché da quella donna dice di non volere nulla". Il prossimo appuntamento, davanti al giudice Giorgio Morando, è fissato a luglio. Elisa non ha intenzione di incontrare il padre, Michele Buoninconti, ex vigile del fuoco, che sta scontando una condanna a trent'anni di carcere. Fu lui, secondo una sentenza convalidata dalla Cassazione, a uccidere la moglie, Elena Ceste, i cui poveri resti furono ritrovati in un canale di scolo fra i campi a poche centinaia di metri da casa. In base a quanto è stato possibile ricostruire, l'uomo avrebbe contattato una sua amica, Marilinda Gimelli, perché convincesse Elisa ad andarlo a trovare. Ma la donna avrebbe esagerato: al punto che le insistenze si sono trasformate in una ipotesi di stalking. Fino allo scorso anno Michele Buoninconti era detenuto a Verbania. Ora è stato trasferito ad Alghero, dove sta studiando per laurearsi in Economia e commercio. La giovane continua a non voler rivedere il padre. E sembra che anche il fratello, diciassettenne, possa prendere la stessa decisione. Elena Ceste risultò "scomparsa" da casa il 24 gennaio 2014. Ma quando venne dato l'allarme era già morta. Il corpo senza vita fu individuato nove mesi dopo. Su come Elena sia stata uccisa non ci sono certezze. Ma per i carabinieri, per la procura di Asti e per i giudici che si sono occupati del caso, il colpevole è il marito: per quello che uno degli accusatori ha definito "il più atavico dei sentimenti maschili: una sete di dominio unita a un malinteso senso dell'onore".
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