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09 Ottobre 2013 - 00:01
Potrà riabbracciare suo figlio. Almeno secondo l'ordinanaza emessa lo scorso 27 settembre dal giudice Stefania Cugge del Tribunale di Ivrea. Riuscire a sentire davvero, di nuovo, la sua voce e poterlo stringere a sè, superando i 2700 Km che li dividono e la pesantezza degli intoppi burocratici, sarà decisamente più difficile. Ma per Mimmo Zardo, il papà di Alice Superiore a cui il figlio, il piccolo Erik che oggi ha quattro anni, è stato strappato e portato via, in Ucraina, dalla sua stessa compagna, si tratta già di una incredibile vittoria. Il giudice, infatti, gli ha riconosciuto l'affido esclusivo del bambino disponendo che la madre (su cui pende l'accusa di sottrazione internzionale di minore), possa vederlo soltanto in ambiente protetto, garantendo comunque la continuità del rapporto e consigliala alla donna di intraprendere un percorso psicoteraupetico. La Cugge ha disposto inoltre che il rimpatrio avvenga adottando tutte le garanzie opportune per tutelare il piccolo e soprattutto il recupero del rapporto con il padre, inetrrotto ormai dal maggio 2012, che potrebbe riprendere mediante frequentazioni giornaliere, anche soggiornando in Ucraina, prima di tornare definitivamente in Italia.
Una vittoria che arriva dopo oltre un anno e mezzo di battaglie legali e che ha richiesto grandissima forza d'animo, amore e determinazione, considerevoli energie fisiche, morali ed economiche. Ma ciò che preoccupa Zardo, oltre alla distanza, è la decisione di affidare la declinazione pratica dell'ordinanza ai servizi sociali, quegli stessi che non hanno saputo tutelare abbastanza il bambino e sventare la fuga architettata della madre Tetyana Gordiyenko insieme alla nonna, nella primavera dello scorso anno, quando il rapporto tra i due coniugi era ormai sgretolato. "Come si tenta di fare sempre – si limita a dire la responsabile dell'equipe minori del Consorzio In.re.te. - l'approccio sarà il più serio possibile e rispettoso delle disposizioni del giudice".
"Per adesso la decisione apre una chiara speranza – commenta Zardo -. Il giudice ha riconosciuto che il bene del bambino era rimanere nel suo ambiente familiare, dove è nato e cresciuto, cercando di proteggerlo da qualsiasi trauma. E finalmente l'ordinanza fa capire che questo padre, che è stato rivoltato come un calzino, che è stato sfavorito ed annientato in tutti i modi possibili, ha sempre dato una perfetta immagine di sè". Nonostante tutte le pressioni Zardo si è dimostrato sempre un padre perfettamente adeguato. E avrebbe potuto esserlo anche in tutto questo tempo, trascorso senza sapere nulla sulla vita, la salute, il benessere di suo figlio. "Troppo facilmente padri come me vengono estromessi dalla vita dei loro figli nonostante ci sia un rapporto splendido" constata Zardo che in questi mesi si è anche iscritto anche a diverse associazioni di genitori nelle sue stesse, o simili, condizioni.
"Basta – sollecita - essere così prevenuti contro i padri. C'è un voluto un giudice donna per restituirmi Erik. E tutto ciò che è successo al bambino fino ad oggi non lo sapremo mai. Ho dovuto dare tutto me stesso per dimostrare quello che chiunque capirebbe immediatamente, che avevamo un rapporto meraviglioso, ma c'è voluto amore immenso, tenacia, pazienza, forza. Io non ho ceduto ma ci sono altri padri che non ce l'hanno fatta".
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