Quattro condanne a due anni e mezzo e quattro assoluzioni. Si è concluso così, dopo quasi sette anni, il processo per l'inquinamento della falda acquifera sotterranea - una più ricca del Piemonte - del polo chimico di Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, nei confronti di otto manager di Ausimont e Solvay. Il gup li aveva rinviati a giudizio per avvelenamento doloso e omessa bonifica e l'accusa aveva chiesto complessivamente 127 anni di reclusione. Le richieste non hanno però retto davanti alla Corte d'Assise, che ha derubricato l'avvelenamento in colposo e ha assolto tutti gli imputati con formula piena, perché il fatto non sussiste, dall'omessa bonifica. L'inchiesta era partita nella primavera 2009, dopo la scoperta di alte concentrazioni di cromo esavalente e altre sostanze inquinanti nella falda sotterranea. Dalle indagini era emerso che nei primi decenni del secolo scorso sono stati depositati nel sito industriale di Spinetta Marengo oltre 500 metri cubi di rifiuti tossico-nocivi che avevano provocato per contatto e scioglimento, l'inquinamento della falda, aggravato dalle consistenti perdite della rete idrica interna. Una situazione conosciuta dai dirigenti che, secondo l'accusa, non l'avevano comunicata in termini reali agli enti interessati vanificando il corretto svolgimento della procedura di messa in sicurezza del sito. L'impianto accusatorio non ha retto del tutto davanti alla Corte presieduta da Sandra Casacci. Per Solvay Italia, è stata riconosciuta "la totale insussistenza del reato di avvelenamento doloso delle acque e del reato di omessa bonifica, originariamente contestati". E per il reato di disastro ambientale "è stato escluso il dolo e ritenuta soltanto l'ipotesi colposa". Sulla quale, per altro, l'azienda chimica intende proporre appello "per vedere riconosciuta la completa estraneità da ogni forma di addebito" dei propri manager, nonché "la correttezza della gestione del sito". Parla invece di "una sentenza deludente e preoccupante", Medicina Democratica, associazione che era tra le parti civili. La Procura di Alessandria attende ora di conoscere le motivazioni della sentenza, tra novanta giorni, per proporre eventuale ricorso. "Il verdetto ha certificato il disastro e confermato quindi l'impianto accusatorio, anche se non nell'elemento soggettivo - conclude l'avvocato Giuseppe Lanzavecchia, legale di una parte dei cittadini parte civile nel processo -. La sentenza ci lascia quindi soddisfatti, anche se non si può certo essere contenti quando un verdetto certifica l'avvelenamento di Spinetta Marengo".
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