Ore 13,15 di venerdì scorso. Lungo via Torino, nella corsia di destra e di sinistra, sui marciapiedi, in strada, sono in centinaia, perlopiù giovani e giovanissimi. Una fiumana che invade tutto e tutto riesce a fare salvo che passare inosservata. A piedi e in bici. In auto. Soli e in gruppo. In tanti vestiti all’occidentale, molti di più con indosso il “kandura”, come lo chiamano negli Emirati Arabi Uniti o il “dishdash” o, ancora il “thawb” ma è sempre la stessa cosa. Abiti bianchi che arrivano fino a toccare la punta dei piedi. Sembra Marrakech e invece questo è un altro volto di Ivrea. E loro? Loro sembrano felici di vivere qui. Senza pensieri. Soprattutto a digiuno. Perchè questo era il mese del Ramadan, fatto anche e soprattutto di tante preghiere, proprio come vuole il Corano. E per quelle (s’intendono le preghiere), sotto le rosse torri, c’è, ormai da molti anni, il centro islamico di Canton Vigna, nel quartiere San Grato, in uno stabile che un tempo ospitava una tipografia. Tutt’intorno alcuni condomini del Maam (Museo a cielo aperto). “I frequentatori sono più di 200. - ci racconta l’Imam Fedda Mustafà - Nella nostra comunità anche una quindicina di italiani convertitisi all’Islam...”. Arrivano da Ivrea ma anche dai dintorni, da Burolo, Banchette, Strambino in generale da tutto l’eporediese, considerando che di centri islamici ce ne sono altri, a Cuorgnè, Chivasso e Feletto. “Siamo qui dal 2005 - racconta ancora Mustafà con l’animo di chi vuole e cerca un dialogo - prima eravano a Monteferrando e ci incontravamo in un appartamento che era diventato troppo piccolo per le nostre preghiere...”. Di giorno tutto procede nella tranquillità quasi totale. Tutt’altra musica dopo il tramonto, quando le preghiere irrompono nel silenzio della notte conciliando il sonno, ma non sempre, dei tanti residenti lì intorno. “Abbiamo un buon rapporto con il quartiere - non ha dubbi Fedda Mustafà - In tutti questi anni non ci sono mai stati problemi di convivenza...”. E questo è in parte vero e in parte no ... Qualcuno che in realtà si lamenta c’è. Diciamo, semmai che non lo fa con eccessivo vigore. “Appoggiano le biciclette ovunque e ostruiscono il passaggio... Di notte in tanti non riescono a prendere sonno”, commenta e alza le braccia al cielo Cinzia Petrassi, responsabile di uno dei condomini. Più dirompente la protesta di Casapound, i cui militanti, nei giorni scorsi, in piena campagna elettorale, a San Grato si sono dati appuntamento per l’ennesima passeggiata. Intediamoci: non puntavano il dito contro il centro islamico, in generale contestavano lo stato in cui versano le periferie della grandi città. “Volevano dare un segnale forte - commenta Igor Bosonin - È nostro dovere impedire che il degrado delle periferie metropolitane dilaghi anche ad Ivrea. Aleggia un senso di insicurezza perchè le varie amministrazioni non hanno curato questo aspetto, sedendosi sugli allori di un glorioso passato. Ahimè, purtroppo i tempi in cui Ivrea era una florida città industriale sono terminati, e non vogliamo si presentino scenari di degrado post-industriale come avviene in taluni quartieri di Torino...”. Bastasse questo! L’analisi è infatti anche sociologica e non v’è chi non veda una trasformazione della nostra società che ormai viaggia a ritmi sempre più incalzanti e veloci verso la multiculturalità. Lo dicono i numeri. E 200 persone in un città relativamente piccola com’è Ivrea sono davvero tanta roba. Ed è vero che in San Grato c’è chi guarda dalla finestra o appoggiato sulla ringhiera del balcone e non pensa proprio a nulla, ma c’è anche chi qualche scenario comincia a immaginarselo. Il raffronto è tra una società, la nostra, ormai quasi del tutto priva di valori religiosi e la loro che invece una religione ce l’hanno e la praticano con vigore e senso del sacrificio come solo può esserlo un digiuno. Poi c’è tutto il resto e sono le notizie che arrivano dal mondo, le ultime dall’Austria, sulla chiusura di alcune moschee per paura degli estremisti e degli estremismi. Un’occasione, l’ennesima per dividersi, schierandosi con gli uni o con gli altri ma anche per dibattere sul senso di una comunità, la nostra, la loro e quella che verrà. l.l.m.
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