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SETTIMO TORINESE. “Intelletto d’Amore”, Dante e le sue donne

SETTIMO TORINESE. Donne ch’avete intelletto d’amore.

È un verso di una delle canzoni della Vita Nova di Dante Alighieri da cui Lella Costa e Gabriele Vacis hanno tratto il titolo del loro spettacolo e del loro ultimo libro, “Intelletto d’amore” edito da Solferino, che hanno presentato mercoledì 3 novembre alle ore 18,30 presso la biblioteca Archimede di Settimo. 

A interloquire con loro c’erano Fabrizio Artero, laureando in critica teatrale, e alcuni alunni degli istituti 8 Marzo e Galileo Ferraris di Settimo.

“Intelletto d’amore” parla di quattro donne che facevano parte della vita, reale o immaginaria, di Dante Alighieri: Beatrice, Francesca, Gemma e Taide. Donne diversissime, con storie altrettanto diverse, che hanno in comune un uomo, il sommo poeta. Due le ebbe accanto in vita, Beatrice e Gemma, la musa e la moglie, mentre le altre due le cantò nella Divina Commedia, Francesca e Taide, l’amante e la cortigiana.

“Questo libro dà una tridimensionalità emotiva alle quattro donne - ha raccontato Lella Costa - e ci fa capire come Dante avesse uno sguardo attento e rispettoso verso l’universo femminile. Basta dire che ad accompagnarlo nel Paradiso è una donna: Beatrice. Lo spettacolo, come il libro, è un gioco serio e colto di confidenza e di vicinanza verso un autore che, molte volte, viene imposto a scuola, ma che se invece fosse letto in un altro modo saprebbe colpire il nostro intimo più profondo”.

In questo libro, scritto a quattro mani, Costa e Vacis si sono divertiti ad indagare il rapporto di Dante con le donne nella sua vita e nelle sue opere. Partendo dalle biografie hanno immaginato sviluppi possibili e impossibili, mescolando il serio e il faceto, secondo quello stile personalissimo e collaudato con successo che caratterizza tutti i loro lavori.

“Quest’anno, come tutti sanno, ricorrono i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri - ha ricordato Gabriele Vacis - e le ricorrenze sono importanti e utili, non solo perché riportano alla memoria alcuni grandi personaggi storici della letteratura, ma soprattutto perché vengono riscoperti e avvicinati in maniera diversa. Ad esempio, quanti di noi sono passati davanti all’epigrafe “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” che c’è alla scuola Gobetti di Settimo e non ce ne siamo neanche accorti. Certo, l’abbiamo letta, ma mai con riflessione. Oggi, invece, possiamo fermarci e pensare a cosa vogliano dire quelle semplici ma grandi parole”.

L’evento rientra nella programmazione di “Parole in tazza grande”.

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