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Dalla California a Lauriano: il viaggio di "Big" Jim alla riscoperta delle proprie radici

Dopo ottant’anni, il cerchio si è chiuso: il professore scopre dove affondano le sue radici

Ci sono incontri che cambiano la percezione del tempo, trasformano ore in vite intere e chilometri in abbracci. A Lauriano un uomo californiano è arrivato con una valigia piena di storia, curiosità e desiderio di appartenenza. 

Dopo ottant’anni, il cerchio si è chiuso. Si chiama Jim Anselmino, professore in pensione, oggi 78 anni, e la sua ricerca genealogica lo ha portato a scoprire che le sue origini affondano proprio qui, tra case antiche, cortili e pietre che custodiscono secoli di memoria. Lì dove un tempo vissero Domenico “Mini” e Giacomo “Giacu”, antenati lontani e testimoni silenziosi di un mondo che sembrava perduto. 

Sergio Sapetti, Jim Anselmino e Rose Piasecki

«Jim arriva una sera – racconta Rose Piasecki, insegnante di inglese a Castelrosso e vicina dell’antica casa degli Anselmino – bussa alla porta. È un uomo alto, imponente, ed è in mezzo a due signori di Lauriano che chiedono aiuto perché non lo capiscono, parlava solo americano. Si presenta: “Sono Jim Anselmino, detto Big Jim”. Lo faccio accomodare e lui mi mostra un documento: ci sono i nomi dei suoi nonni, Giuseppe Anselmino, nato nel 1880, e Maria Roggero». 

Jim racconta che i suoi nonni emigrarono in America, stabilendosi a Chicago, dove nel 1912 nacque Charles, suo padre. Poi la famiglia si spostò a Los Angeles, nel quartiere di Watts, fino a quando Jim aveva due o tre anni, e successivamente nella San Fernando Valley. Oggi Jim vive a Camarillo, Ventura County. 

La ricerca genealogica iniziò quindici anni fa, con l’aiuto del figlio. Per anni i tentativi di contatto con gli Anselmino di Lauriano rimasero senza risposta, ostacolati anche dalla barriera linguistica. Poi, sei mesi fa, grazie a un’amica della fidanzata, Jim trovò il punto esatto su Google Maps dove erano nati i suoi nonni, stampò documenti e confermò ciò che il cuore gli suggeriva: quelle erano le sue radici. 

Quattro mesi fa, deciso a compiere il viaggio, racconta: «Parto per l’Italia. Mi prendo un mese intero, senza fretta. Voglio respirare la mia storia». Arrivò a Lauriano, in via IV Marzo, dove vissero i suoi antenati. Il primo contatto fu con Roberto Elia e sua moglie Rossella Berto. Grazie a loro, Jim iniziò a scoprire il paese e a incontrare i parenti, scoprendo anche che Barbara Anselmino, della segreteria comunale, e la sindaca Mara Baccolla erano sue lontane cugine. «Non potevo credere a tanta gentilezza», confessa. 

Il momento più intenso fu l’incontro con Sergio Sapetti, scrittore e discendente della famiglia: «All’inizio – racconta Sergio – eravamo entrambi un po’ riservati, come veri piemontesi. Ma dopo pochi minuti la distanza è sparita. Abbiamo cominciato a parlare, a confrontarci, a riconoscere nei racconti e nei gesti qualcosa di familiare. Nonostante la lingua potesse sembrare un ostacolo, la voglia di conoscersi è stata più forte: «Io un po’ d’inglese lo parlo – spiega – e dove non arrivavo, ci pensava Rose a tradurre. Ma, più delle parole, ci capivamo con il cuore». 

Per comprendere le radici di Jim, bisogna tornare indietro nel tempo. Racconta Sergio Sapetti: “Domenico e Giacomo, ogni sera, sedevano sui gradini di casa, silenziosi e assorti nei pensieri. La nipotina di Mini scherzava: «Staranno contando le formiche!». Poi uno dei due alzava lo sguardo al cielo: “A jè n’a nivula” – “C’è una nuvola” – e l’altro annuiva. Era la vita scandita dai ritmi della natura: osservare il cielo per capire quando seminare o mietere, perché ogni scelta poteva fare la differenza tra un buon raccolto e la fame. 

Giacomo Anselmino, che fu anche sindaco di Lauriano, visse accanto a Mini per decenni. La casa di Giacomo era semplice: cucina al piano terra, camera al primo piano, solaio basso. Ma le pietre custodivano secoli di storia: dove un tempo correva un viottolo, ancora oggi si possono vedere le pietre angolari che proteggevano il “giro del carro”. Nel cortile, l’ampia aia ospitava galline e carri trainati da mucche o buoi, e serviva ad essiccare il mais. Entrambi provenivano da famiglie segnate dalla durezza della vita: Domenico perse due fratelli, uno nella Grande Guerra e uno per il tetano; Giacomo aveva parenti emigrati in America, di cui arrivavano poche notizie. Ed è proprio da quel continente lontano che Jim è tornato, a ritrovare radici dimenticate.” 

Poi, il momento più toccante: la visita alla vecchia casa di famiglia, quella della madre di Sergio, oggi disabitata ma ancora piena di memoria. «Jim era incantato – ricorda – davanti alle volte a botte, alla cantina in terra battuta, alle pietre dei muri, alcune scolpite in epoca romana, quando Lauriano era Bodincomagus. Ha camminato nel garage, dove un tempo c’era la cucina dei suoi avi, e sembrava rivivere la storia della sua famiglia». 

Ore di dialogo intenso, di ricordi e scoperte, si sono concluse con un abbraccio carico di commozione. «Due ore prima eravamo sconosciuti – dice Sergio – due ore dopo ci sentivamo fratelli che si ritrovano dopo un lungo esilio». Per Sergio, il ricongiungimento con Jim dà senso profondo alla memoria: «Mia madre, Maria Luigina Viarigi, sul letto di morte si chiedeva: “Per chi e per cosa essere felici?”. Ecco, oggi credo di aver trovato la risposta. La felicità è ritrovarsi, riconoscersi in chi viene da lontano e scoprire che le radici non muoiono mai». 

«È stata un’emozione profonda – conclude Sergio – vedere come la storia della mia famiglia e quella di Jim si ricongiungono, dopo generazioni e oceani. È la prova che le radici non si perdono mai, anche quando la vita ti porta lontano. Tornano sempre a cercarti, per ricordarti chi sei». 

Durante il soggiorno, Jim scoprì la generosità dei cittadini: fece una passeggiata fino a Piazzo, dove incontrò Antonio Zampieri, un signore che gli regalò mele e marmellata. Visitò la chiesa romanica di Santa Maria dell’Assunzione “Supra Montem”, accompagnato da Roberto, Rossella e Mara, e incontrò altri parenti, tra cui Sergio. Partecipò anche al funerale di Gino Baroetto, anch’egli parente, e scattò foto con figli e nipoti, vivendo momenti di profonda gioia e commozione. Non mancò nemmeno la cucina piemontese: assaggiò il risotto al radicchio a casa di Rose Piasecki e Antonio De Rosa e, prima di partire alla fine del mese, si preparava a gustare la Bagna Cauda in un evento locale, esperienza già assaporata dieci anni prima grazie a parenti americani di origine piemontese. 

Per Jim, ogni gesto, incontro e abbraccio sono stati una conferma: «Sentirsi a casa, nella propria famiglia, anche a migliaia di chilometri di distanza, è un’emozione che non dimenticherò mai». Resterà ancora qualche settimana a Lauriano, per continuare il suo viaggio alla ricerca delle radici, ma soprattutto per coltivare una nuova amicizia nata nel segno della memoria e del sangue condiviso. 

Dalla California a Lauriano, tra case, cortili, pietre e memorie contadine, Jim Anselmino ha percorso un viaggio che ha unito passato e presente, generazioni e continenti. Una storia che dimostra che le radici non si perdono mai, restano vive nella memoria, nel cuore e nel calore di chi ti accoglie. 

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