Cerca

Attualità

Governo fascista? Il sindaco se ne va, l’Anpi resta. Traversella ricorda i suoi martiri ottantun anni dopo

Durante la cerimonia in memoria del rastrellamento nazifascista del 1944, il presidente dell’Anpi Mario Beiletti parla di un “fascismo al Governo”. Il sindaco lascia la piazza, ma la commemorazione prosegue tra canti, memoria e rispetto

Ad un certo punto, nel suo discorso il presidente dell’Anpi Mario Beiletti ha detto una cosa del tipo che oggi il “fascismo è al Governo”. A sentire queste parole, il sindaco di Traversella ha alzato i tacchi e se n’è andato via. Ciao ciao.
Per il resto, domenica 12 ottobre tutto è andato come previsto. Traversella ha celebrato la sua giornata della memoria, ricordando uno degli episodi più duri della guerra di Liberazione in Canavese: il rastrellamento nazifascista dell’ottobre 1944, che devastò il paese e lasciò dietro di sé tredici morti, case bruciate, famiglie disperse.

La piazza, intitolata ai Martiri, si è riempita di cittadini, sindaci, alpini e cori. È una tradizione che si rinnova ogni anno, ma che non ha mai perso il suo senso. L’inizio è stato affidato ad Amerigo Vigliermo, voce storica della memoria partigiana canavesana, che ha ricordato i fatti accompagnato dal Coro Bajolese e dal Coro Salese. Le loro voci hanno riempito la piazza con i canti di sempre, quelli che appartengono a una generazione che ha scelto di resistere.

Il sindaco Marco Puglisi ha preso la parola richiamando il valore civile della memoria come barriera contro l’indifferenza. Ha concluso con un grido breve ma sincero: “Viva la libertà!”
Poi è toccato al presidente dell’Anpi di Ivrea e del Basso Canavese, Mario Beiletti e lui, come sempre, non si è limitato al passato.
“Mai come in questo periodo - ha sottolineato - abbiamo bisogno di raccoglierci attorno alla Memoria storica e al ricordo della Resistenza, che ora forse ci toccherà riprendere, sia pure in forme nuove, per opporci ancora una volta all’avanzata di una destra che non ha mai perso le sue pulsioni sovraniste e violente. Il fascismo, seppur mascherato, non è più dietro l’angolo: è di fronte a noi.”

E poi ancora: “Non è più tempo di pigrizie. Dobbiamo riprendere l’iniziativa sul piano sociale, culturale, economico e politico. Quando vengono a mancare le giuste figure di guida è ai Partigiani che dobbiamo guardare, cercando nel loro esempio la strada per una rinnovata unità.”

Le sue parole hanno provocato reazioni immediate. Una parte del pubblico ha applaudito con convinzione. Qualcuno ha taciuto. Il sindaco di Traversella, invece, ha salutato e se n’è andato. Un gesto rapido, quasi teatrale, che ha lasciato un momento di silenzio nella piazza. 

Il discorso è stato seguito da un momento di silenzio e dalla deposizione della corona d’alloro davanti alla lapide che ricorda i caduti. Poi la lettura dei nomi: Giovanni Bredda, Flavio Bresciani, Salvatore Ceruti, Bartolomeo Clerin, Delfo Coda, Antonio Favero, Stefano Martinetto, Gilberto Mosele, Giovanni Zoppo, Ernesto Piccolo e Augusto Franza.
Ogni nome scandito lentamente, come per dare il tempo alla memoria di respirare.

A ricordare la storia di quei giorni è stato lo stesso Beiletti, che ha ripercorso l’origine del rastrellamento.

“Tra il 13 e il 15 ottobre 1944 — ha ricordato — la Valchiusella fu travolta da un’operazione ordinata dal maresciallo Kesselring. Dalla Linea Gotica vennero spostati reparti scelti per reprimere la Resistenza nelle zone più attive del Piemonte. Si mossero verso nord truppe tedesche e fasciste, ma anche russi bianchi e ucraini, uomini duri, abituati alla guerra sporca e alle violenze contro i civili.”

Il rastrellamento iniziò da Quincinetto, dove le prime postazioni partigiane opposero resistenza. I reparti della 76ª Brigata Garibaldi, comandata da Primo Corbelletti, nome di battaglia Timo, cercarono di trattenere l’avanzata. Per due giorni combatterono sotto la pioggia e la neve, tra i boschi e i pendii. Molti caddero in combattimento, altri furono catturati.
Quando le truppe arrivarono a Traversella, il 14 ottobre, il paese venne incendiato. Cinquantaquattro case bruciate, il municipio distrutto, la piazza trasformata in un campo di esecuzione. Tredici giovani partigiani e un civile furono messi contro il muro della chiesa e fucilati.

Durante la cerimonia sono stati ricordati anche gli altri caduti della valle: don Martino Gedda di Alice Superiore, Mario Garis, Gioachino Strazza, Augusto Pinet, Vincenzo Selis e Giuseppe Salmoirago di Vico, Adriano Torreano di Vistrorio, Renzo Garrone, Antonio Arnold, Franco Barale e Luigi Gandolfo di Meugliano.

Il momento più toccante? L’intervento di Bruno Biava, uno degli ultimi testimoni diretti dell’eccidio. La sua voce, ferma ma lenta, ha descritto quella mattina: il fumo, le urla, le donne che cercavano di salvare i bambini, i corpi contro il muro. Nessuna enfasi, solo fatti. E proprio per questo, più difficili da ascoltare.

La cerimonia si è conclusa con un breve intervento di ringraziamento e con un pensiero rivolto ai Carabinieri presenti e ai rappresentanti dei Comuni della valle. Poi il corteo si è sciolto lentamente. Alcuni si sono fermati a parlare, altri sono saliti verso il Soggiorno Montano, dove si è tenuta la Veglia della Memoria.

Lì, in una sala raccolta, sono stati letti brani, lettere e testimonianze dei giorni del rastrellamento. I cori hanno intonato di nuovo i canti della Resistenza, e il pubblico ha partecipato in silenzio. La serata si è chiusa con una cena semplice, come da tradizione, tra amici, amministratori e cittadini. Un modo per ritrovarsi, parlare, ricordare.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori