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Ivrea-Mombarone 2025, la corsa che accende il Canavese tra emozioni, fatica e tragedia

L’arrivo spostato a Curata per la neve non ha tolto fascino alla gara simbolo del territorio. Pubblico in festa, atleti in lotta e un lutto improvviso che ha segnato la giornata

La 47ª edizione della Ivrea-Mombarone si è corsa oggi ed è stata, ancora una volta, un condensato di emozioni, fatica e passione. La corsa più entusiasmante del Canavese ha saputo trasformare anche le difficoltà in occasione di spettacolo, confermando di essere molto più di una semplice gara podistica.

Già alla vigilia era chiaro che qualcosa sarebbe cambiato: le nevicate degli ultimi giorni hanno reso impraticabile il tratto finale verso la vetta del Redentore, costringendo gli organizzatori a spostare l’arrivo a Curata, a quota 1.700 metri. Un compromesso necessario per garantire la sicurezza, ma che non ha tolto fascino all’impresa, perché i 16,8 chilometri del tracciato hanno comunque messo a dura prova cuore e gambe dei concorrenti.

La partenza, come da tradizione, è avvenuta da Piazza Ottinetti a Ivrea, con il corteo colorato di atleti che ha attraversato il centro cittadino prima di inerpicarsi verso i boschi di Bienca e poi salire senza respiro lungo le rampe che conducono ad Andrate. Lì è cominciata la vera battaglia, con pendenze che non perdonano e sentieri che obbligano a gestire ogni energia.

Nonostante l’assenza del passaggio alla vetta a 2.371 metri, il “Momba” ha mantenuto intatta la sua aura: la folla ai bordi del percorso, gli incitamenti nei punti più duri, i volti segnati dalla fatica e dalla determinazione hanno reso ancora una volta unica l’atmosfera. Ogni edizione porta con sé un carico di storie, e quella di oggi non ha fatto eccezione: mentre in gara si combatteva metro dopo metro, un dramma ha colpito la camminata non competitiva parallela all’evento.

Un uomo di 54 anni ha accusato un malore improvviso nei boschi di Bienca e, nonostante l’immediato intervento del 118, non c’è stato nulla da fare. Una tragedia che ha lasciato sgomenta la comunità e ha ricordato a tutti quanto sottile possa essere il confine tra festa e dolore.

Sul piano sportivo, i tempi ufficiali sono ancora in via di pubblicazione, ma già l’anno scorso il kenyano Paul Machoka aveva riscritto la storia stabilendo il nuovo record in vetta, e quest’anno, seppure su un percorso ridotto, gli atleti non si sono risparmiati nel tentativo di lasciare il segno.

L’energia e il tifo lungo il tracciato hanno dimostrato quanto questa corsa sia radicata nel cuore dei canavesani, diventando un appuntamento identitario che unisce la città, la montagna e la tradizione sportiva.

Dal 1922 a oggi, la Ivrea-Mombarone è rimasta un simbolo che resiste al tempo e alle intemperie: la prova che non è solo una gara, ma un rito collettivo, un legame tra la fatica degli atleti e la bellezza selvaggia del Mombarone.

Anche con un arrivo spostato e un dolore che ha attraversato la manifestazione, la corsa di oggi resterà nella memoria di chi l’ha vissuta, perché poche esperienze sanno intrecciare allo stesso modo entusiasmo, sofferenza, orgoglio e commozione.

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