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27 Settembre 2025 - 17:07
Prima arriva un fruscio d’acqua, poi i colori. Non è il sole a spezzare il grigio: sono le canoe. Tagliano la “cerulea Dora” come pennellate vive, una dopo l’altra, fino a comporre la parola che in questa città non stanca mai: pace.
Gli atleti dell’Ivrea Canoa Club oggi remano contro corrente solo in apparenza: in realtà seguono la direzione più naturale, quella della vita. A riva, quasi 200 persone — famiglie, ragazzi, volti segnati e occhi curiosi — sventolano bandiere e striscioni che non hanno bisogno di didascalie: No alla guerra. No alle armi nucleari. Sì alla pace.
C’è un grazie che va detto subito, perché le cose belle non accadono da sole: allo staff del Presidio e a Silvio Conte, che ha reso possibile questa scenografia civile. Poi, nel brusio che si fa ascolto, la voce che apre gli interventi è quella di Pierangelo Monti. Non alza i toni: li rende nitidi. L’eliminazione totale delle armi nucleari non è uno slogan, è lo scopo, ricorda. E lo è anche una data precisa: 26 settembre 1983. Un’altra stanza, un altro cielo, una base russa. Lì il colonnello Stanislav Petrov decide che quei segnali di attacco nucleare americano sono sbagliati. Disobbedisce ai protocolli e, così facendo, disinnesca la fine del mondo. È il gesto che a Ivrea, sul lungodora, si celebra senza retorica: un no che ha salvato milioni di sì.
Monti non gira intorno all’angoscia che è dentro tutti noi (anche di chi scrive): Gaza. La parola che pesa come le macerie che si vedono in Tv, come i nomi di bambini, donne, anziani, operatori sanitari e umanitari, giornalisti, insegnanti, vite civili spezzate. "Contro le guerre e i terrorismi, contro i colonialismi e il riarmo — dice — manifestiamo da tre anni e mezzo, ogni settimana...".
Questo è il 187° Presidio. È un respiro lungo, ostinato. E oggi, più che mai, a Ivrea si chiede di guardare in faccia Hiroshima e Nagasaki: non come capitoli chiusi, ma come monito vivo.
"Se vogliamo che non si ripeta l’immane tragedia di 80 anni fa, dobbiamo eliminare le armi atomiche...".
I numeri, quando sono così, sono da brividi. Russia, Stati Uniti, Cina, Francia, Regno Unito, Pakistan, India, Israele, Corea del Nord: 12.500 bombe nucleari. 3.900 pronte all’uso. Quasi 100 miliardi di dollari all’anno per mantenerle.
Leader come Putin, Kim Jong-un o Netanyahu — ma non solo — possono cinicamente decidere di colpire una città qualunque. "Basta guardare alla brutalità con cui il governo israeliano rade al suolo Gaza e massacra la sua popolazione" scandisce Monti. Non è un vezzo linguistico: è la realtà.
Poi il richiamo al diritto. Le Nazioni Unite nel luglio 2017 hanno approvato il trattato che mette al bando le armi nucleari; è in vigore da gennaio 2021, ratificato da 75 Stati. C'è un prima e un dopo, almeno sulla carta.
"Secondo questo trattato chi possiede armi atomiche viola il diritto internazionale...".
E allora perché l’Italia non aderisce? Perché continuiamo a svuotare l’ONU proprio mentre chiediamo all’ONU di essere forte? L’elenco non è un elenco, è una bussola: Ghedi e Aviano come basi atomiche (obiettivi primari in caso di attacco), il divieto che dovrebbe valere per portaerei e sommergibili nucleari nei nostri porti, l’Italia nel gruppo di pianificazione nucleare della NATO, i nostri piloti addestrati ad attacchi sotto comando USA.
"Italia, ripensaci. Italia, ripensaci...". Il coro sale dalla riva, rimbalza sull’acqua, ritorna sulla riva.
Le canoe intanto diventano metafora. La Global Sumud Flotilla sta navigando proprio in queste ore per raggiungere Gaza, rompere l’assedio, portare aiuti concreti. Il fiume che incontra il mare: la stessa rotta ostinata della nonviolenza. E quando Monti cita la poesia della bambina di Hiroshima, la mente corre da sola alla foto del bambino di Nagasaki col fratellino morto sulle spalle; e ancora, a quella di pochi giorni fa, il bambino di Gaza che trascina il fratello, piangendo. L’eco è la stessa, il secolo è un altro.
Scorrono i volti. La vicesindaca Patrizia Dal Santo porta i saluti istituzionali del Comune. Miriam Ricordi prende la scena con People have the power di Patti Smith: chitarra, voce, presenza. Dalla pubblicazione di Persuadimi (2017) al più recente Cibo e Sesso (2022), dalle date in Italia all’Europa — Parlamento di Berlino, Helsinki, Parigi — passando per i palchi con Marlene Kuntz, Cristina Donà, Giovanni Truppi, Modena City Ramblers: oggi la sua energia è qui, sulle rive della Dora.
Matteo Magotti, presidente dell’Ivrea Canoa Club, rilancia: lo sport unisce, non distrugge.
È la frase che resta, semplice e necessaria.
Poi Silvio Conte ritorna ai numeri, quelli che tolgono il respiro: da 13 a 15.000 testate nel mondo, molte non dichiarate; potenza media 40–50 “megatoni”, ovvero 40–50 milioni di tonnellate di tritolo; in media 3.000 volte Hiroshima.
E ancora: fallout radioattivo, Uranio 235 che impiega centinaia di milioni di anni a dimezzare la radioattività, “Polonio 238” che ne impiega decine di migliaia; durante l’esplosione, l’onda di calore raggiunge i 20 milioni di gradi, la temperatura del sole. Non serve una cattedra per capire l’urgenza: “l’obiettivo logico e urgente è eliminare questi ordigni infernali dal nostro territorio e dal mondo”, dice. È un colpo secco.
Le parole si fanno poesia. Simonetta Valenti legge Nulla rimane della scolara di Hiroshima di Primo Levi. La lingua inciso, la cenere che si pietrifica, l’“ombra confitta nel muro dalla luce di mille soli”.
Daniela Soldi continua con Nazim Hikmet, La bambina di Hiroshima: “Apritemi: sono io…”; la voce che chiede una firma perché “il fuoco non bruci i bambini”.
Letizia Carluccio rimane su Hikmet con Nasceranno da noi uomini migliori: promessa, canto, profezia: “i nostri nipoti si daranno la mano… diranno: com’è bella la vita!” Il Presidio ascolta in piedi, qualcuno chiude gli occhi; la Dora continua a scorrere.
Silvio Salussola invita a leggere i report di ICAN e segnala uno spiraglio: in Italia sono già 100 le aziende che scelgono di non investire nel nucleare. È poco? È tanto? È una crepa, e dalle crepe passa la luce.
Norberto Patrignani porta in piazza Elsa Morante e il suo Pro o contro la bomba atomica (Torino, febbraio 1965): “Contro la bomba atomica non c’è che la realtà”.
L’arte come contrario della disintegrazione, la letteratura come presidio dell’integrità del reale: se il mondo corre verso il baratro, chi scrive deve resistere all’imbroglio dell’irrealtà. La citazione non è un vezzo: è un imperativo morale che oggi suona perfettamente a fuoco.
Livio Obert torna alla storia e alla coscienza: Petrov ancora, ma anche Papa Giovanni XXIII nella crisi di Cuba. "Scelte" che hanno piegato la linea del tempo.
"Oggi — avverte — disinformazione e opacità sono materia quotidiana; e si domanda: cosa accadrebbe se un drone finisse in una centrale atomica? Le 15.000 bombe — la cifra che rimbalza tra memorie e stime — sono una corsa pericolosa verso la distruzione del mondo".
Rosanna Barzan spinge sul boicottaggio contro Israele: bene la cittadinanza onoraria di Bari a Francesca Albanese; vergognoso che in Sardegnamilitari israeliani vengano ospitati a riposo dopo gli eccidi compiuti contro i palestinesi. Giorgio Franco legge l’appello dei sanitari dell’Ospedale di Ivrea per il flash mob del 2 ottobre: “Come ci prendiamo cura di TUTTI i pazienti, NON voltiamoci dall’altra parte per il popolo di Gaza massacrato. Vieni fuori dall’ospedale giovedì 2 ottobre ore 21:00 e porta la tua luce.” Monti aggiunge una cifra che graffia: 1.677 operatori sanitari uccisi a Gaza.
Gli appuntamenti si affastellano perché la pace, qui, non è una posa: è un’agenda.
Il 2 ottobre il flash mob “Luci sulla Palestina – 100 ospedali per Gaza”: alle 21, davanti all’Ospedale di Ivrea, con torce, pile, candele.
Il 4 ottobre, dalle 9 alle 19 in piazza Ottinetti, lettura ininterrotta dei nomi dei minori uccisi in Palestina e in Israele dal 7 ottobre a oggi: chi vuole leggere contatti Cristina Bona o un’attivista del Presidio.
Sempre il 4 ottobre, alle 20.30 a Banchette (sala polifunzionale Emilio Pinchia), lo spettacolo de “Le Lunatiche”, “Le Troiane”: ingresso gratuito, con offerta per aiutare famiglie palestinesi.
Il 12 ottobre la Marcia Perugia–Assisi per la pace e la fraternità: pullman del COCOPA da Torino alle 23 di sabato 11, rientro alle 02 del 13; chi vuole partecipare contatti Pierangelo Monti.
E sempre il 4 ottobre, la grande manifestazione a Roma per la Palestina: a Ivrea, in contemporanea, piazza Ottinetti si riempirà delle voci dei 12.000 bambini.
Cadigia Perini entra nel dettaglio dell’organizzazione e ricorda la “Sumid Flottiglia” che avanzerà fino alle acque palestinesi — non israeliane.
Letizia Carluccio rilancia lo spettacolo Le Troiane a Banchette, il 4 ottobre alle 20.30, sala polifunzionale Emilio Pinchia. Barzan propone il cinema come altra forma di resistenza: al Politeama di Ivrea dal 26 settembre La voce di Hind Rajab di Kaouther Ben Hania (Tunisia/Francia, 2025, 89’). Striscia di Gaza 2024: un’auto colpita, sopravvive solo una bambina di sei anni che la Mezzaluna Rossa riesce a contattare; le registrazioni del centralino ci restituiscono la sua voce, e il suo destino. Quando il cinema si mette al servizio degli esseri umani — soprattutto dei bambini — torna alla sua funzione primordiale.
Poco più in là, sulla riva, qualcuno bisbiglia che quelle canoe resteranno negli occhi a lungo. Forse perché mostrano, con la semplicità delle cose vere, quello che a volte dimentichiamo: la pace non è un’astrazione, è un gesto ripetuto, è un’agenda piena, è una voce che legge un nome, è una chitarra che scandisce People have the power, è una candela accesa davanti a un ospedale. È un bambino che non dovrebbe mai diventare una fotografia.
Quando il Presidio si scioglie, la Dora continua a scorrere come se nulla fosse. Ma qualcosa è successo: Italia, ripensaci. Italia, ripensaci.
L’eco rimbalza tra i ponti e le finestre, si infila nelle case, sale sui pullman che partiranno per Perugia–Assisi, si poserà sulle pagine dei libri letti stasera. È l’ultimo suono che resta: quello di una città che, ogni settimana da tre anni e mezzo, non smette di ricordare al mondo che vivere disarmati è l’unica vittoria possibile. E che, finché ci saranno canoe in grado di colorare un fiume grigio, ci sarà sempre qualcuno pronto a dire no alla bomba e sìalla realtà.
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