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08 Settembre 2025 - 07:57
Il sole di settembre ha illuminato Piazza Alfieri, cuore pulsante di Asti, dove ieri, domenica 7 settembre 2025, si è corso un Palio destinato a entrare nella memoria nazionale. Non un’edizione qualunque: il 750° anniversario dalla prima corsa documentata nel 1275, è stato celebrato con un corteo storico senza precedenti, con la città vestita a festa, i rioni, i borghi e i comuni trasformati in un teatro medievale.
Il Palio di Asti è stato questo: tradizione che ha galoppato, comunità che si è riconosciuta nei suoi colori, orgoglio che è passato di generazione in generazione. Con una piazza traboccante di pubblico, turisti e astigiani si sono ritrovatiuniti nel respiro collettivo di un evento che è stato molto più di una semplice gara sportiva.
La giornata si è aperta con la benedizione dei cavalli e dei fantini nelle parrocchie cittadine, seguita dall’esibizione degli sbandieratori dell’A.S.T.A. in Piazza San Secondo. Poi, alle 14, ha preso vita la grande sfilata con oltre 1200 figuranti: stemmi, costumi, musici e bandiere hanno riportato il Medioevo in tutta la sua vividezza. Ogni comitato ha potuto inserire cinque nuovi personaggi nel proprio corteo e un “Sapiente” nel Consiglio dei Saggi, accanto al Governatore. Così, lungo il percorso da Piazza Cattedrale a Piazza Alfieri, la città ha assistito a un racconto visivo della propria identità, concluso dall’arrivo del Carroccio scortato dagli Armigeri.
Le parole del sindaco Maurizio Rasero hanno fatto da cornice: “Il Palio è storia che galoppa, arte che sfila, voce di un popolo che si riconosce nei propri colori”.
Alle 16, quando l’attesa si era fatta silenzio e gli sguardi erano tutti rivolti al canapo, la pista di Piazza Alfieri ha tremato sotto gli zoccoli dei cavalli: ha preso il via la corsa di qualificazione, con tre batterie incandescenti pronte a decretare i nove finalisti.
La prima batteria si è infiammata già alla mossa iniziale: Torretta è scattato al comando e ha difeso con grinta il vantaggio fino al traguardo, tallonato da San Damiano e San Martino-San Rocco, che si sono guadagnati il pass per la finale dopo i canonici tre giri di campo. Amaro, invece, il destino di San Silvestro, rimasto escluso per un soffio al quarto posto, e quello di Castell’Alfero, Viatosto e Canelli, costretti ad abbandonare il sogno della qualificazione.
La seconda batteria ha vissuto attimi di grande tensione: dopo una prima mossa falsa e concitata, al secondo tentativo l’allineamento è stato regolare e la corsa è partita davvero. L’arrivo, serratissimo, ha richiesto il verdetto delle immagini per stabilire l’ordine ufficiale: a staccare il pass per la finale sono stati Santa Caterina, Don Bosco e Montechiaro. Subito dietro, fuori dalla lotta, San Paolo, San Secondo, Cattedrale e Santa Maria Nuova.
La terza batteria è stata la più travagliata della giornata. La partenza ha subito numerosi rinvii: una prima mossa lunga e complessa si è conclusa con un richiamo per Moncalvo e la decisione di far partire il cavallo in seconda fila. Poco dopo, al canapo, la caduta dello stesso Moncalvo ha causato una falsa partenza. Nessun problema per l’animale, mentre il fantino Antonio Mula, colpito a una spalla, è stato assistito dalla Croce Rossa prima di risalire in sella. Poco dopo, è arrivata l’esclusione di San Marzanotto: il cavallo, con un taglio alla zampa posteriore sinistra, è stato ritirato su disposizione della commissione veterinaria in nome del benessere animale. Solo dopo ulteriori tensioni è arrivata la partenza valida: al termine dei tre giri si sono qualificati Tanaro Trincere Torrazzo, Nizza Monferrato e San Lazzaro.
Intorno alle 18.30 è calato un silenzio denso, quasi irreale, talmente fitto da sembrare assordante. Tutti gli occhi erano puntati sul canapo, i fantini immobili sui loro cavalli frementi, il respiro trattenuto di migliaia di spettatori che si confondeva con l’ansimare degli animali. Due false partenze avevano già caricato l’attesa di tensione, ma al terzo tentativo lo scoppio della mossa ha squarciato l’aria: la corsa ha preso fuoco. In un unico, travolgente respiro, le voci della tifoseria sono esplose fragorose dalle tribune, mentre i cavalli si sono lanciati sulla pista di Piazza Alfieri. In testa, Don Bosco con Giovanni Atzeni detto Tittia su Anacleto ha preso subito il comando, tallonato da San Damiano e Santa Caterina. La sabbia si è sollevata in nuvole dorate, i drappi sventolavano, e ogni metro percorso è stato un boato di emozioni che ha visto la vittoria di Atzeni.
Era dal 1996 che Don Bosco non alzava il Drappo. Alle sue spalle, San Damiano ha tentato l’impossibile, mentre Santa Caterina e Torretta hanno tagliato il traguardo con cavalli scossi, senza fantino. Poi San Martino-San Rocco, San Lazzaro e Nizza. Tanaro, anch’esso scosso, non è riuscito a completare un giro, venendo squalificato.
Quest’anno il Drappo ha assunto un valore speciale. L’artista Marisa Garramone ha raccontato due storie: il Giubileo con Papa Francesco per la Collegiata di San Secondo e i 750 anni del Palio, celebrati con un drappo concepito come tessuto in movimento, simbolo della forza che cresce e si rinnova. Due opere che sono state molto più che trofei: testimonianze tangibili di un’eredità immateriale che appartiene a tutta Asti.
Nei giorni precedenti la corsa, la città ha vissuto un turbinio di eventi: il Mercatino del Palio, le prove ufficiali, la sfilata dei bambini con gli stemmi, le cene propiziatorie nei rioni e nei comuni del territorio. Momenti di condivisione che hanno reso il Palio una festa comunitaria totale. Anche il mondo delle imprese ha partecipato: Perlino, storica azienda piemontese, ha festeggiato i suoi 120 anni con il vermuth “Corsieri del Palio”, mentre Open Fiber – azienda italiana che fornisce infrastrutture di rete in fibra a provider e operatori – ha voluto legare il futuro digitale alla tradizione medievale, sponsorizzando il Palio e trasformando i suoi cabinet in info point multimediali per turisti e cittadini.
Un’edizione che ha visto la folla accorrere da tutta Europa, attratta dal fascino di una tradizione che si è rinnovata e che, come ha sottolineato il presidente dell’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero, Mariano Rabino, è diventata vetrina perfetta per scoprire autenticità, enogastronomia e cultura.
Nel 2025, anno del 750°, il Palio di Asti ha dimostrato ancora una volta di essere molto più che una gara: è comunità, appartenenza e narrazione collettiva. E mentre il Borgo Don Bosco ha festeggiato il suo ritorno alla vittoria, Asti intera si è specchiata nella sua storia lunga sette secoli e mezzo, scoprendo che la vera vittoria è stata la capacità di custodire e tramandare ciò che la rende unica.
Nato a Nurri nel 1985, Giovanni Atzeni – per tutti Tittìa – è il fantino che ha trasformato il Palio in leggenda. Il suo destino si è compiuto a Siena, dove nel 2007 ha regalato all’Oca la prima vittoria. Da allora la sua cavalcata non si è più fermata: ancora Oca nel 2011, doppietta nel 2013 con Oca e Onda, trionfo con la Selva nel 2015, e poi il salto ad Asti nel 2017, con la vittoria per Nizza Monferrato. Il 2019 è stato l’anno della consacrazione, con due successi nello stesso anno, a luglio con la Giraffa e ad agosto di nuovo con la Selva. Dopo la pausa della pandemia, Tittìa è tornato protagonista nel 2022, firmando un altro “cappotto” con il Drago e il Leocorno. Nel 2023 ha riportato la Selva alla gloria e nel 2025 ha scritto un nuovo capitolo con l’Oca. Come se non bastasse, ieri, 7 settembre 2025, ha dominato anche il Palio di Asti, guidando il Borgo Don Bosco al trionfo nella 750ª edizione. Oggi Tittìa è molto più di un fantino: è un mito vivente, capace di trasformare ogni corsa in un frammento di epopea popolare.
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