Cerca

Attualità

Francesco Giglio "marinaio" per la Flotilla: l’annuncio al 183° Presidio per la Pace di Ivrea

Oltre settanta persone in piazza sabato 30 agosto: dalla denuncia dei bombardamenti in Ucraina e Palestina, ai racconti e agli appelli internazionali, fino al contributo eporediese alla Global Sumud Flotilla

Al 183° Presidio per la Pace, sabato 30 agosto in piazza ad Ivrea, la notizia che ha colpito di più i presenti è stata quella portata da Cadigia Perini: il consigliere comunale ed esponente del PD Francesco Giglio si è messo a disposizione per dare supporto ai marinai della Global Sumud Flotilla, la più grande mobilitazione via mare mai organizzata per rompere l’assedio di Gaza.

Giglio ha risposto alla chiamata internazionale sottoponendosi anche a un test attitudinale, che prevedeva la capacità di navigare senza strumenti elettronici, in previsione di possibili schermature israeliane vicino alla costa. Dopo vari spostamenti e un imbarco a Civitavecchia, Giglio si trova ora in viaggio verso la Sicilia, probabilmente verso Messina, in attesa della partenza ufficiale prevista per giovedì 4 settembre da Catania. La flottiglia, composta da numerose imbarcazioni con delegazioni di 44 Paesi, porterà cibo e medicinali. “L’obiettivo è rompere l’assedio e aprire un corridoio umanitario” ha ricordato Perini, che ha sottolineato come anche Ivrea e il Canavese abbiano contribuito con donazioni economiche e materiali.

Cadigia Perini ha completato il quadro della Global Sumud Flotilla, aggiungendo i dettagli: la partenza coordinata da vari porti, le 80 tonnellate di aiuti raccolte a Genova in soli cinque giorni, con il supporto dell’associazione Music for Peace, e il miele scelto come alimento simbolico perché nutriente e facile da distribuire a chi soffre la fame. Ha ricordato anche l’appello di Manfredo Pavoni Gay su volerelaluna.it: “Come diceva Vittorio Arrigoni durante la guerra di Gaza del 2004, vogliamo restare umani. Al centro della missione ci sono i palestinesi, che a Gaza muoiono a centinaia ogni giorno, ma che comunque resistono. Anche senza visibilità.”. Ha spiegato come il blocco navale israeliano non colpisca solo gli aiuti, ma anche la vita quotidiana: fino a pochi anni fa i pescatori palestinesi potevano spingersi a 11 chilometri dalla costa, poi ridotti a 5,6, fino al divieto totale di navigare o persino di fare il bagno.

Notizie fresche in una piazza, con più di 70 persone, che si è colorata ancora una volta delle bandiere arcobaleno della pace. In apertura, alcune bambine hanno fatto sventolare i drappi multicolori: un gesto che ha ricordato a tutti i presenti che questi incontri sono pensati soprattutto per lasciare a loro un futuro diverso.

Il presidio si è aperto con l’intervento di Pierangelo Monti, sui più recenti sviluppi dei conflitti in corso.

“La Russia, nella notte tra mercoledì e giovedì, ha lanciato seicento fra missili e droni contro Kiev e contro diverse infrastrutture energetiche e militari ucraine. Il bilancio ufficiale è di diciannove morti e trenta feriti, con danni ingenti anche alla sede della delegazione dell’Unione Europea a Kiev. Per Monti questi raid dimostrano la volontà del Cremlino di non voler interrompere le ostilità, nonostante i tentativi di avviare colloqui di pace definiti aleatori, anche quelli avviati da Trump.”

Lo scenario in Palestina è stato al centro della seconda parte del suo intervento. “A Gaza i morti civili continuano a crescere, mentre le pause umanitarie sono state sospese e la città è sottoposta a una distruzione sistematica.”

Monti ha riportato le parole di Paolo Pezzati, portavoce di Oxfam Italia, in un passaggio particolarmente duro.

“L’esercito israeliano continua a sganciare bombe sulle case, sui rifugi sovraffollati o sulle tende improvvisate. Continua a sparare addosso alle persone in fila per ricevere aiuti, a madri troppo malnutrite per allattare, ad anziani intrappolati senza vie di fuga. Ma gli effetti della guerra non spariscono quando le bombe smettono di cadere: la popolazione sta vivendo traumi profondi e sofferenze psicologiche. Israele porta avanti la scelta politica di affamare le persone nelle aree già classificate in carestia. Questa carestia è il risultato di un piano genocida che utilizza la fame come strumento di guerra. Da oltre 21 mesi la popolazione non ha abbastanza acqua per bere, ancor meno per lavarsi. Le condizioni igienico-sanitarie nella Striscia sono disastrose e le malattie si diffondono a un ritmo senza precedenti. Oltre 2,5 milioni di dollari di nostri aiuti salvavita sono già pronti, ma restano bloccati nei magazzini fuori da Gaza. I governi che restano in silenzio o continuano a fornire armi sono anch’essi complici di genocidio e crimini di guerra.”

Una denuncia resa ancora più grave dal bombardamento dell’ospedale Nasser di Khan Younis, colpito due volte: la seconda per uccidere i soccorritori accorsi dopo il primo raid. In quell’attacco sono stati uccisi 5 giornalisti palestinesi, dopo che appena pochi giorni prima sei cronisti di Al Jazeera erano stati eliminati nella loro tenda. A questo proposito Monti ha citato le riflessioni di Raniero La Valle su “un incidente che è tale solo per Netanyahu, perché questa volta l’eccidio non è caduto nell’indifferenza diffusa ma ha suscitato esecrazione generale.”

Monti ha ricordato anche il giudizio di due giornalisti americani, Amy Goodman e Denis Moynihan, che già a novembre 2023 denunciavano l’eliminazione sistematica dei reporter palestinesi. Una delle vittime era la giovane Ayat Khaddura, 27 anni, che poco prima di morire con la sua famiglia aveva registrato un ultimo video: “Questo potrebbe essere l’ultimo video per me… la situazione è davvero terrificante. Che Dio abbia pietà di noi.”

“Se altrove – ha osservato Monti – fossero stati uccisi 250 reporter, le reazioni sarebbero state ben diverse. Qui invece prevale un silenzio che si accompagna a forme di censura sistematica: i post contenenti hashtag come FreePalestine e IStandWithPalestine vengono nascosti o rimossi. Le piattaforme social occidentali mettono a tacere i palestinesi, limitando la loro capacità di esprimersi, informare e documentare.”

Monti ha infine sottolineato come Israele continui a colpire anche Siria e Yemen, con dati precisi: “Dal 2011 Israele ha compiuto 954 bombardamenti e 421 operazioni di terra in Siria. Nello Yemen, dopo l’intercettazione di droni Houthi, ha colpito due volte in cinque giorni uccidendo il primo ministro, il ministro della Difesa e altri esponenti del movimento.”

Un’analisi di carattere storico è arrivata con Mariella Ottino. Ha citato Primo Levi (“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.”). Ha riflettuto sul significato della parola democrazia, ricordando come la democrazia ateniese fosse basata sul lavoro di centinaia di migliaia di schiavi e come le grandi potenze europee abbiano mantenuto legami coloniali ben oltre la decolonizzazione formale. Ha osservato che “le guerre di oggi restano legate al controllo delle risorse e questo rende difficile immaginare una pace reale se non cambiando radicalmente l’ordine mondiale.”

Tra i presenti, ormai da parecchie settimane, anche l’assessora Gabriella Colosso. Ha presentato il programma della Local March for Gaza, una marcia a tappe che toccherà i principali comuni dell’area metropolitana torinese. Ha spiegato che sarà “un’iniziativa senza simboli di partito, aperta a tutti, con l’invito a portare in strada bandiere della pace, colori e musica.”

Mara De Santi ha proposto un racconto scritto da lei, con la voce narrante di una donna palestinese, Fatima, che sopravvive sotto le macerie della sua casa distrutta. Il testo, lungo e intenso, ha raccontato la sua casetta bombardata, i sandali logori, il tappeto per le preghiere, le nipotine di nove anni, i dolci preparati per loro, le notti passate all’addiaccio e la speranza di rivedere un giorno la famiglia riunita. Il sogno finale di Fatima è di diventare una stella per continuare a vegliare sul suo popolo.

E se la consigliera comunale Vanessa Vidano si è concentrata sui giornalisti, ricordando che Gaza è oggi il luogo più letale al mondo per chi fa informazione (“I reporter uccisi sono già cinque volte più che in Vietnam. Sono martiri del giornalismo e meritano il nostro applauso.”), Franco Giorgio ha letto un articolo di Marco Revelli apparso su La Stampa in risposta a un intervento del rappresentante della Comunità ebraica di Ivrea Guido Rietti,  sul “silenzio complice dell’Occidente di fronte al massacro di Gaza” e di “catastrofe esistenziale” per chi, cresciuto con la memoria della Shoah, oggi vede Israele compiere atti che ricordano ciò che non si sarebbe mai dovuto ripetere.

Per la prima volta al presidio ha preso la parola Bruno Boggio, del Comitato Pace Alto Canavese e del Tavolo Antifascista 25 Aprile. Ha annunciato la serata “Insieme per Gaza”, organizzata a Pertusio il 5 settembre, con letture di poesie palestinesi e aforismi, brani musicali eseguiti da un organista, e la raccolta di fondi per Emergency. Boggio ha parlato di “un esperimento rischioso, ma necessario, contro l’indifferenza e i pregiudizi.”

In chiusura Pierangelo Monti è tornato a parlare, esprimendo solidarietà alla nave Ocean Viking, mitragliata dalla Guardia Costiera libica dopo un’operazione di salvataggio e poi sottoposta a fermo amministrativo nel porto di Trapani. Ha definito l’episodio “conseguenza diretta delle politiche del governo Meloni, che preferisce collaborare con chi lascia affogare i migranti piuttosto che sostenere chi salva vite umane.” Ha infine lanciato una proposta: “coinvolgere le scuole eporediesi, affinché studenti e insegnanti riflettano sulla condizione delle popolazioni che vivono sotto le guerre.”

Un marinaio da Ivrea contro l’assedio di Gaza

C’è chi in politica si limita a firmare mozioni. E c’è chi, come Francesco Giglio, consigliere comunale di Ivrea, ha scelto di salire su una barca e diventare marinaio per la Global Sumud Flotilla, la più grande mobilitazione civile via mare mai organizzata per rompere l’assedio di Gaza. Non è un’avventura, è un atto politico.

Francesco Giglio

“Sumud” in arabo significa resistenza, perseveranza. E la Flotilla nasce proprio così: come un’azione nonviolenta di resistenza globale. Decine di imbarcazioni, provenienti da 44 Paesi, con a bordo centinaia di attivisti, medici, artisti, parlamentari e giornalisti. Un convoglio che porta cibo e medicine, raccolti in tutta Europa (a Genova in cinque giorni sono state caricate 80 tonnellate di aiuti, con il supporto dell’associazione Music for Peace), per tentare l’impossibile: aprire un corridoio umanitario, spezzare un blocco navale che da quasi vent’anni isola la Striscia e condanna a fame e malattie oltre due milioni di persone.

Non è solo solidarietà, è anche denuncia. Perché se i governi restano in silenzio, se l’ONU non riesce a far rispettare il diritto internazionale, allora devono essere i cittadini a prendersi il rischio. La memoria è ancora viva: nel 2010 la nave turca Mavi Marmara, che faceva parte di una precedente Freedom Flotilla, fu abbordata in acque internazionali dai militari israeliani e nove membri dell’equipaggio furono uccisi. Ecco perché l’impresa di oggi ha il sapore della sfida e del coraggio.

Che cosa significa, allora, avere un consigliere comunale eporediese in questa missione? Significa che anche da una città di provincia può partire un segnale politico al mondo. Significa che la parola “pace” non è un concetto astratto da sventolare in piazza, ma può trasformarsi in una scelta concreta, perfino rischiosa.

In un’Italia che manda armi, Ivrea manda un marinaio. E questo non è poco.

La Flotilla è salpata il 31 agosto da Barcellona e Genova, e il 4 settembre salperà da Tunisi e dai porti siciliani (Catania, Messina o Augusta).

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori