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27 Luglio 2025 - 01:56
Ogni fotografia è un pugno nello stomaco. Non servono parole, perché gli occhi parlano da soli. Parlano di fame, di paura, di madri che tengono in braccio figli troppo leggeri, di padri che scavano tra le macerie con le mani nude, sperando di trovare ancora un respiro. Parlano di bambini che non dovrebbero mai conoscere il suono delle bombe, né il gusto amaro della malnutrizione.
In queste immagini raccolte da Eye on Palestine, che pubblichiamo senza filtri, senza censure, c'è tutto ciò che il mondo finge di non vedere. Piccoli corpi avvolti in coperte logore. Sguardi vuoti, persi nel dolore. Pasti che non bastano, acqua che non disseta, letti d’ospedale che sono solo lastre di cemento. E accanto, madri e padri che non piangono più: non perché hanno smesso di soffrire, ma perché non hanno più lacrime da versare.
Chi osserva queste foto non può restare indifferente. Perché la guerra ha sempre un prezzo, ma quando a pagarlo sono i bambini, allora non è più solo guerra: è un crimine.
Succede oggi. Non nel secolo scorso, non in qualche pagina ingiallita di un libro di storia. Succede ora, mentre tu scorri queste immagini sul telefono. Succede a Gaza. E succede nell'indifferenza quasi assoluta della comunità internazionale. Si pronunciano parole come “cessate il fuoco”, “corridorio umanitario”, “risoluzione Onu”, ma intanto la fame avanza più veloce degli aiuti, e le bombe più veloci dei negoziati.
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Guardare queste foto significa assumersi una responsabilità. Significa ammettere che, in un mondo che si dice civile, questo sta accadendo. Che bambini muoiono non per una malattia incurabile, ma per la fame, per la sete, per un missile. Che la vita di un bambino palestinese vale meno del silenzio comodo di chi potrebbe parlare e non lo fa.
Questa galleria non è solo un reportage. È una denuncia. È un grido. È una richiesta di umanità.
Guardate. Non girate lo sguardo. Non chiudete gli occhi. Non basta commuoversi. Bisogna indignarsi. E poi, bisogna agire.
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