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17 Giugno 2025 - 16:12
A Settimo Torinese, c’è chi con i risparmi di una vita si compra un SUV. Chi una crociera. E chi, invece, compra un pezzo di terra per fermare una strada.
È successo davvero. In via Po 29, in una zona classificata come “edificabile”, Cinzia, Silvia e Max hanno deciso di metterci tutto quello che avevano, i risparmi di una vita. Non per costruire. Ma per impedire che qualcun altro lo facesse. Hanno acquistato quel terreno con un obiettivo preciso: salvarlo. Sottrarlo alla logica dell’asfalto. Farne qualcosa di bello. Farne un orto bosco.
E così, metro dopo metro, con la fatica quotidiana e una visione chiara, è nato l’Orto Bosco “Oasi Legambiente”. Un luogo pensato non per rendere, ma per resistere. Un luogo che sarà - anzi già è - l’ultimo tentativo per dire no alla tangenziale interna, quella strada che da 20 anni tormenta le carte urbanistiche della città e che oggi – rispolverata nella nuova Variante del Piano Regolatore – minaccia di distruggere tutto, ancora una volta.
Sabato 14 giugno, l’orto è stato inaugurato. Ma non è stata una festa di facciata. È stata una dichiarazione di intenti. Una presa di posizione. Una testimonianza tangibile di cosa può nascere quando si sceglie la cura al posto del cemento.
Su quel terreno oggi non ci sono fondamenta, ma già crescono radici. Alberi di fico, ciliegi da fiore, paulonie, salici. Tra un’aiuola e l’altra spunteranno zucchine, fagiolini, pomodori, patate. L’erba cresce alta e viene tagliata solo per disegnare i sentieri: morbidi, mutevoli, mai rigidi. Non c’è nulla di prefabbricato. Eppure tutto funziona. Perché la natura, se ascoltata, si organizza da sola.
Max lo ha detto con sincerità: “Non c’era un progetto su carta. Solo un’intuizione. Un’idea semplice. Un sogno.”
Quello di usare la bellezza come forma di opposizione. Di rispondere all’urbanistica di potere con una urbanistica di cuore, fatta di terra tra le mani e non di atti notarili.
Durante la giornata, gli Scout del MASCI hanno letto Hesse. Si è parlato di alberi come maestri di vita. Di biodiversità che torna. Di ricci, uccelli, piccoli mammiferi che trovano rifugio tra le foglie.
Silvana della LAC ha ricordato come la varietà di microhabitat presenti favorisca la vita. Sergio, direttore regionale di Legambiente, ha detto chiaro: “Luoghi come questo abbassano la temperatura. Proteggono. Insegnano.”
E ha lanciato un appello: “Questo giardino deve diventare patrimonio della città.”
Poi ha parlato Gianni, direttore del circolo Il Girasole. E ha raccontato la vera posta in gioco. Lì dove oggi c’è l’orto bosco, nel nuovo Piano Regolatore è prevista una grande rotonda di raccordo con la tangenziale interna. Una strada che dovrebbe tagliare in due quel sogno, collegandosi a uno spezzone già esistente. Una strada su cui pende una petizione da 2.709 firme protocollata il 15 aprile 2024. Ma da parte del Comune? Silenzio assoluto.
Nessuna risposta. Nessuna convocazione reale. Nessuna posizione ufficiale. Solo una goffa convocazione sbagliata e poi annullata con un ormai stanco “mero errore materiale”. Ma la verità è che qui non c’è stato nessun errore: c’è stata una scelta. La scelta di non rispondere, di fare finta che la questione non riguardi chi amministra, di aspettare che passi la tempesta.
E allora, davanti a tutto questo, la provocazione è inevitabile, e va lanciata con chiarezza: possibile che la sindaca Elena Piastra, da un anno, continui a far finta che questo problema non sia suo?
Possibile che un’Amministrazione che si riempie la bocca di parole come “partecipazione” e “sostenibilità”, non trovi il coraggio di dire una parola vera su un progetto che potrebbe spazzare via un’esperienza concreta di cittadinanza attiva e tutela ambientale?
Perché in fondo, qui non si sta discutendo solo di viabilità. Si sta discutendo di che città vogliamo essere. Di come si risponde a chi si rimbocca le maniche per prendersi cura di un pezzo di mondo. Di cosa significa oggi governare una comunità.
E allora sì, Gianni lo ha detto con amarezza, ma anche con orgoglio: “Se questa strada si farà, l’Orto Bosco sparirà. Con un colpo di ruspa. E con lui tutto: gli alberi, i percorsi, i fiori, i sogni. E anche il gesto straordinario di tre persone che hanno scelto di salvare un campo invece di farsi un viaggio.”
Ma la bellezza non è solo fragile. È testarda. Quando una cosa bella nasce – davvero, con amore, con fatica, con sacrificio – distruggerla non è mai facile. Nemmeno con l’asfalto. Perché la bellezza costruisce legami. E i legami, una volta formati, restano. Resistono. Pesano.
Oggi l’Orto Bosco è lì. Non è un’utopia. È una realtà. È un argine contro l’apatia e la rassegnazione. È la prova che un’alternativa c’è, basta volerla. Ma va difeso. Perché se viene cancellato, non sparisce solo un giardino. Sparisce una scelta. Un esempio. Una speranza.
E allora sì, oggi a Settimo Torinese la domanda da farsi è una sola: vogliamo essere quelli che abbattono i sogni con l’asfalto, o quelli che li proteggono con orgoglio?
E soprattutto: la sindaca Piastra, da che parte sta?
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