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Alluvione: diciotto persone prigioniere di una frana da una settimana! "Liberateci!"

Vivono a Cascina Fegine, sotto il Comune di Moransengo-Tonengo. La strada è franata nel tratto in cui attraversa il Comune di Lauriano e la viabilità non è stata ancora ripristinata. Con un cingolato che attraversa il bosco i volontari portano viveri e medicine a otto famiglie

Una settimana. Otto famiglie. Diciotto persone, tra cui tre bambine e un’anziana cardiopatica che ha rischiato di rimanere senza farmaci salvavita.

Da giovedì 17 aprile, la borgata Cascine Fegine, sotto il Comune di Moransengo-Tonengo, in provincia di Asti, è tagliata fuori dal mondo. Non per scelta, ma per l'alluvione prima e ora per quella disgraziata burocrazia che sa sempre dove non arrivare.

Isolati in fondo ad una valle, senza una via di fuga, senza un’ambulanza che potrebbe arrivare in tempo, senza uno scuolabus, senza alcuna certezza. E la colpa? Rimbalza, come sempre. Ma qui non è un gioco. Qui si parla di vite.

Ma facciamo un passo indietro.

È bastata un’ora giovedì scorso. Sessanta minuti di pioggia torrenziale, che ha riversato 300 millimetri d’acqua sulla collina. L’asfalto è collassato. La terra ha ceduto. La strada di frazione Micela, che diventa poi strada Fegine, si è spezzata.

È lunga un chilometro: 600 metri sotto il Comune di Lauriano (provincia di Torino), 400 sotto Moransengo-Tonengo (provincia di Asti). Ma le frane, tutte, sono rimaste sul tratto laurianese. E nessuno, fino a oggi, si è mosso. Altre storie, altre urgenze a Lauriano. Il paese è stato travolto dall'esondazione del Rio Grande: oggi si raccolgono fango e macerie dalle cantine, ovunque è distruzione in centro paese. Ma lassù, in collina, non è che la situazione sia tanto migliore...

Una delle frane che interrompono la strada

“Viviamo qui da 15 anni” racconta un residente. “Siamo isolati da giovedì mattina. La strada principale ha numerose frane. Se fosse ripristinata, potremmo uscire. Ma metà del tratto è ancora da liberare dagli smottamenti.”

Una soluzione? C’è, ma è al limite della decenza. Un mezzo cingolato – privato – arrampica ogni giorno su una pista aperta in emergenza, in mezzo ai boschi, per portare su viveri e medicine. A guidarlo è un cittadino. A bordo salgono le tre bambine, due lavoratrici, e oggi anche i farmaci per una signora ultraottantenne col cuore fragile. Questo non è un film catastrofico. È il Piemonte del 2025.

Il sindaco di Moransengo-Tonengo, Raffaele Audino, ci ha provato. “La strada è per più di due terzi sotto Lauriano e un terzo sotto il nostro comune. La maggior parte delle frane è lì. Noi abbiamo aperto un sentiero nei boschi, e grazie ai volontari portiamo i viveri. Ma senza l’intervento di Lauriano, non si può fare nulla.”

Il problema? Le competenze. Le responsabilità. Le firme. I sopralluoghi. Il solito teatrino che in Italia riesce sempre a trasformare una pala di terra in una montagna insormontabile. “Ho proposto di intervenire a spese nostre” prosegue Audino. “Con mezzi nostri. Ma serviva il parere di un geologo. Ieri, finalmente, il sopralluogo con la Regione Piemonte. Oggi abbiamo l’escavatore sul posto, e con il geologo valuteremo la riapertura. Ma è chiaro che devo assumermi una responsabilità che non è la mia, perché la competenza in quel tratto è del Comune di Lauriano...”

Peccato che questa strada, che dalla SP 104 finisce in borgata Micela, sia stata per anni "dimenticata" dalla parte torinese. “Già la gestione manutentiva era trascurata…” ammette lo stesso sindaco. E intanto, tra quelle colline che dividono due province, la gente aspetta. Non può lavorare, non può andare a scuola, non può curarsi. E, soprattutto, non sa quando finirà.

Cascine Fegine è una manciata di case in fondo a una valle. Un angolo dimenticato del Monferrato, tra i confini burocratici di due comuni e due province. Da lì, si sale solo a fatica, e si scende con ancora più fatica. Ma fino a una settimana fa, la vita era “normale”. Oggi è tutto cambiato.

“Le case non hanno subito danni. L’acqua c’è. Ma è la strada a mancare” racconta ancora un abitante. “Eppure basterebbe un giorno, con i mezzi giusti, per liberarla.”

Non è la prima volta che un paese resta isolato per giorni. Ma ogni volta sembra la prima. Ogni volta sembra qualcosa si inceppi e ogni volta, a pagare, sono le persone.

Diciotto anime, otto famiglie, con un solo mezzo cingolato a fare da ponte col mondo. Oggi, sotto le piogge, sotto le frane, sotto il peso dell’indifferenza. La speranza è che il sopralluogo con escavatore e geologo non finisca nell’ennesima carta da protocollo...

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