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Il Processo della Veja: la vecchia a giudizio, ma alla fine paga il tacchino

Un tribunale farsa, accuse surreali e un verdetto scontato: la Veja viene condannata, ma grazie all'intervento delle Gavele si salva. Al suo posto, il tacchino finisce in pentola per la cena delle vedove e dei malsposati

Anche quest’anno, a Settimo Torinese, il Carnevale ha portato con sé uno degli eventi più attesi e tradizionali: il “Process dla Veja” (Il Processo della Vecchia). Si tratta di una rappresentazione simbolica dalle radici antiche, una sorta di rito di passaggio tra l’anno vecchio e quello nuovo, in cui una figura femminile anziana – la Veja – viene accusata di ogni sorta di nefandezze e misfatti.

La Veja non è un personaggio qualunque: è l’incarnazione di tutte le sfortune, le ingiustizie e gli eventi poco felici che hanno caratterizzato l’anno appena trascorso. Un capro espiatorio in gonnella, vestita di nero dalla testa ai piedi, con un cappellaccio a cono adornato con le spighe di grano dell’ultimo covone mietuto. Questo personaggio, che un tempo era l’unico mascherato del Carnevale settimese, rappresenta il passaggio dal vecchio al nuovo, il sacrificio necessario per rinnovare la comunità e liberarla dalle sue negatività.

Come da tradizione, la Veja viene sottoposta a un vero e proprio processo, presieduto dal Tribunale del Gambero e dalla Sovrana Giuria Popolare, che con solennità e ironia elenca tutte le colpe imputatele. I capi d’accusa sono tanto fantasiosi quanto impietosi: la Vecchia è ritenuta responsabile di atti perfidi, crudeli, diabolici, squallidi, indegni, perversi, abbietti, obbrobriosi, grami, disgustosi, malvagi, e via dicendo. Qualunque sia il problema, dalla pioggia eccessiva dell’anno precedente al prezzo del pane aumentato, è sempre colpa sua.

Il verdetto, come da copione, non lascia scampo: la Veja viene condannata a morte. Ma, proprio quando tutto sembra ormai scritto, arrivano in suo soccorso le Gavele, le sue fedeli aiutanti, che implorano clemenza e riescono a salvarla dalla sentenza capitale. Al suo posto, la sorte tocca a un povero tacchino, che viene sacrificato come simbolo di espiazione collettiva.

Il tacchino, però, non muore invano. Dopo essere stato immolato, viene ridotto in spezzatino e servito durante la tradizionale “Sin-a dle Vidoe e dij Malmarà” (Cena delle Vedove e dei Malsposati), evento che chiude il Carlevé Setimèis e che si tiene il Martedì Grasso. Un banchetto conviviale in cui si celebra il Carnevale con polenta fumante, buon vino e tanta ironia.

Così, tra riti antichi e umorismo popolare, il Process dla Veja continua a essere un momento imperdibile del Carnevale di Settimo Torinese, dove la tradizione si mescola alla satira e alla voglia di esorcizzare il passato, per guardare al futuro con un sorriso.

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