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“Chiamami col mio nome”: genitori in crisi, figli invisibili

Cinque incontri a Chivasso per parlare davvero: non di regole, ma di relazioni spezzate tra madri, padri e adolescenti che non si riconoscono più

“Chiamami col mio nome”

“Chiamami col mio nome”

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Quando comunicare con i propri figli diventa un campo minato, serve uno spazio dove fermarsi, parlare, ascoltare e forse ricominciare. È questa la miccia accesa dal ciclo di incontri “Chiamami col mio nome”, un nuovo percorso pensato per madri e padri di adolescenti e giovani adulti, che partirà lunedì 19 maggio e si svilupperà fino a luglio nel minicinema della biblioteca civica Movimente di Chivasso. Dietro c’è il progetto Cantiere Giovani”, promosso dal Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL TO4, in collaborazione con la Cooperativa Il Màrgine e con il sostegno della Giunta comunale di Chivasso, che ha deliberato l’adesione alle azioni previste sul territorio.

La biblioteca Movimente

La fascia d’età a cui si rivolge il progetto è quella più delicata: ragazzi dai 16 ai 24 anni dei territori di Settimo, Chivasso e San Mauro, giovani spesso sospesi tra scuola e lavoro, tra identità fluide e crisi silenziose, tra conflitti familiari e mutismi emotivi. Ma in questo caso, a parlare saranno soprattutto i genitori. Non per spiegare, non per giustificare, ma per confrontarsi, condividere le difficoltà, cercare insieme strumenti per affrontare con maggiore lucidità i passaggi critici di una relazione che muta e spesso si spezza.

Cinque gli appuntamenti in calendario, sempre dalle 17:30 alle 19:00: lunedì 19 maggio, martedì 3 giugno, lunedì 16 giugno, lunedì 30 giugno e lunedì 14 luglio. Ogni incontro sarà un’occasione per restituire dignità alla fatica dell’essere genitori oggi, senza formule preconfezionate, ma con l’ascolto attivo delle esperienze di ciascuno, in un contesto protetto e libero da giudizi.

Il nome scelto per l’iniziativa, “Chiamami col mio nome”, dice tutto. Perché troppo spesso, nella battaglia quotidiana tra chi cresce e chi accompagna, si dimentica che chiamare davvero qualcuno significa riconoscerlo. E che non si può costruire una relazione se prima non si è disposti a vedere l’altro per ciò che è, e non per ciò che vorremmo fosse.

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