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11 Ottobre 2025 - 11:33
Dodicimila bambini uccisi. A Ivrea li chiamano per nome, uno per uno
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Data di inizio 18.10.2025 - 00:00
Data di fine 18.10.2025 - 00:00
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Si chiamerà “Ti chiamo per nome”, e già il titolo basta a spezzare il silenzio. Perché chiamare per nome è il contrario dell’indifferenza. È riconoscere che dietro ogni numero, dietro ogni statistica, dietro ogni fotografia sfocata di guerra, ci sono persone. Bambine e bambini con una voce, un sogno, un sorriso che non tornerà più.
Sabato 18 ottobre 2025, a Ivrea, in piazza Ottinetti, dalle 9 del mattino alle 19, il Presidio per la Pace dedicherà dieci ore di lettura ininterrotta ai nomi dei più piccoli uccisi a Gaza.
Sarà il 190° presidio, ma forse il più straziante, il più necessario. Una maratona civile che attraverserà la giornata con i nomi pronunciati uno per uno, lentamente, con rispetto, con dolore, con amore.
Dal 7 ottobre 2023 al 15 luglio 2025, secondo i dati del Ministero della Sanità di Gaza, sono stati registrati 12.211 bambini palestinesi e 16 israeliani sotto i 12 anni uccisi. In tutto 12.227 nomi: ciascuno un mondo, un piccolo universo cancellato, spento, annientato da bombe, fame, carestia, dalle conseguenze dirette e indirette di un assedio che non ha lasciato scampo. È come se ogni ora, ininterrottamente per due anni, un bambino fosse stato strappato alla vita. Uno ogni ora. Ogni ora di ogni giorno, per due anni. Un pensiero insostenibile, eppure reale. E a Ivrea, sabato, quei nomi saranno restituiti alla memoria, al respiro, alla voce.
Ci sarà chi legge con la voce rotta, chi con gli occhi bassi, chi con il fiato che si spezza a metà parola. Ci saranno studenti, insegnanti, attivisti, cittadini comuni. Ognuno porterà la propria voce come una piccola candela in mezzo al buio. Non ci saranno comizi, né bandiere, né applausi. Solo la voce dei vivi che cerca di tenere in vita, almeno per un istante, quella dei morti. Ti chiamo per nome, perché nessuno possa dire che non sapeva, che non ha sentito, che non ha visto. Ti chiamo per nome, perché chiamarti è il mio modo di starti accanto, di non lasciarti scomparire due volte: una sotto le macerie, una nel silenzio.
Le fonti utilizzate per ricostruire i nomi provengono da registri ospedalieri, obitori, testimonianze familiari, fonti giornalistiche verificate. Non tutti i nomi sono ancora noti: molti restano sepolti insieme ai loro corpi, sotto edifici mai più scavati. Ma ogni nome che verrà pronunciato è una piccola vittoria contro l’oblio. Ogni voce che si leverà in piazza Ottinetti sarà un atto di resistenza, una dichiarazione d’amore verso la vita e verso la verità. Perché la memoria, in tempi di guerra, è la forma più coraggiosa di umanità.
La città sarà chiamata a fermarsi, anche solo per pochi minuti. Passanti, studenti, genitori, anziani, curiosi. Tutti invitati ad ascoltare. Ad ascoltare non per sapere, ma per sentire. Perché ascoltare quei nomi significa aprire un varco dentro di sé, lasciar entrare la storia e il dolore di chi non c’è più. Significa capire che la pace non è una parola scritta su un cartello, ma una costruzione quotidiana fatta di empatia, di responsabilità, di consapevolezza. Fermarsi davanti a quella piazza, davanti a quelle voci, sarà un gesto semplice e rivoluzionario insieme.
Il Presidio per la Pace di Ivrea non si stanca di ricordarlo: la pace non è un sogno, ma una necessità concreta. E ogni gesto, anche piccolo, serve a costruirla. Sabato, durante la maratona, verranno raccolti fondi per i progetti di Emergency a Gaza, tra cui la costruzione e la gestione di una clinica nell’area di al-Qarara, dove la ONG fondata da Gino Strada continua a fornire primo soccorso, cure mediche e assistenza infermieristica alla popolazione civile. È un modo per trasformare la commozione in azione, la rabbia in solidarietà, il dolore in cura.
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Ogni nome letto sarà una ferita e una promessa insieme: la ferita di ciò che è stato e la promessa di non dimenticare. È impossibile ascoltare dodicimila nomi senza sentire dentro il peso dell’ingiustizia. È impossibile restare indifferenti sapendo che intere generazioni sono state cancellate sotto gli occhi del mondo. Eppure, in mezzo a tanta disperazione, la maratona di Ivrea è anche un atto di speranza. Perché leggere un nome significa dire “tu esisti”, anche se non più. Significa ridare voce a chi l’ha perduta. Significa opporsi all’idea che la vita di un bambino possa essere solo un “danno collaterale”.
Ci sarà chi passerà per caso e si fermerà un momento. Chi porterà un fiore. Chi si siederà in silenzio e resterà fino alla fine. Qualcuno forse non reggerà l’emozione, qualcun altro tornerà a casa diverso da come è arrivato. Perché certe esperienze non si cancellano. Ti scavano dentro, come la voce di un nome pronunciato piano, che continua a risuonare anche quando la piazza torna al silenzio.
Insomma di nuovo Ivrea, con la sua storia di comunità, con il suo passato Olivettiano. Ivrea ancora una volta sceglie di essere dalla parte dell’umanità. Non con proclami, ma con la forza delle parole dette sottovoce. In un mondo che urla, ascoltare sarà l’atto più rivoluzionario. E sabato, in quella piazza, si ascolterà il dolore del mondo. Si ascolteranno nomi che non dovrebbero più esserci, eppure ci saranno, vivi nel ricordo di chi li chiama. Ti chiamo per nome non è solo il titolo di un evento: è una dichiarazione di responsabilità, un modo per dire che finché qualcuno li nomina, quei bambini non sono perduti davvero.
Che resti almeno la voce, la voce che chiama e non smette di chiamare. Perché la pace, quella vera, comincia da qui: da una piazza, da un nome, da un respiro che torna a farsi umano.
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