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CUORGNE. Cuoco morì per un'ischemia. Il medico: "in coscienza feci quanto mi era possibile"

CUORGNE. Cuoco morì per un'ischemia. Il medico: "in coscienza feci quanto mi era possibile"

L'ospedale di Cuorgné

Sarà pronunciata il 30 settembre prossimo la sentenza nei confronti di Roberto Scala, 53 anni, medico dell'ospedale di Cuorgnè accusato, presso il tribunale di Ivrea, di omicidio colposo per la morte, seguita ad un’ischemia, di Paolo Monteu Saulat, cuoco di Pont Canavese a soli 41 anni, il 1° settembre del 2011. Venerdì scorso sono stati sentiti, di fronte al giudice Ludovico Morello, i periti della difesa Scala, affidata all’avvocato Giuliano Arimondo del foro di Torino, il cardiologo Filippi Sciuto, e il medico patologo Antonietti. Hanno esposto il loro punto di vista: la morte sarebbe imputabile non ad errori nell’intervento di Scala eseguito presso l’ospedale quasi due mesi prima, il 4 agosto del 2011, ma ai medici, sempre di Cuorgnè, intervenuti il 31 agosto, quando Monteu Saulat si recò al Pronto Soccorso per una ricaduta. L’avvocato di parte civile Andrea Castelnuovo, che assiste la famiglia del cuoco, ha condotto l’esame dei testimoni per cercare di scalfire la granitica convinzione. L’avvocato Arimondo, invece, ha chiesto la possibilità, che non gli è stata concessa, di eseguire una ulteriore perizia. I tecnici, infatti, si sono già espressi ampiamente. “Io sono convinto che ci sia anche una colpa dei medici intervenuti il 31 agosto - sottolinea l’avvocato Castelnuovo - ma che non sono imputati in questo processo”. Venerdì Scala ha rilasciato dichiarazioni spontanee dicendo di aver fatto “tutto quello che potevo”. “Ho ritenuto in coscienza - ha sottolineato - di poter dimettere il paziente quel 4 agosto”. Secondo l’accusa ci fu un nesso di causa evidente. Tornando a quella estate, Monteu si era recato al Pronto Soccorso di Cuorgnè per un dolore toracico, a cui si aggiungeva dolore al gomito sinistro e sudorazione.  La prima volta il 4 agosto, poi il 31 dello stesso mese. Il 31 era stato eseguito il cardiogramma e il test della troponina, un complesso proteico ad alto peso molecolare capace di agire sul tessuto muscolare: stando alle precisazioni degli esperti, i valori della troponina nell'infarto si possono innalzare dopo circa 4-8 ore dall'evento per raggiungere il picco dopo 24-48 ore e mantenendosi a livelli elevati per circa 10 giorni. L'elettrocardiogramma aveva dato esito negativo. Ma i livelli della troponina si erano innalzati al secondo controllo svolto alle 23.32. "Il paziente non doveva essere dimesso di fronte a quei valori alterati” è la conclusione dl Ctu Roberto Testi secondo cui Scala avrebbe dovuto da subito “cogliere i campanelli d’allarme”.
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