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26 Aprile 2018 - 10:47
Sull’antica strada che da Chivasso, prima capitale dei Marchesi del Monferrato, portava ad Ivrea, toccando i paesi di Montanaro, Foglizzo e Montalenghe, sorgeva la mansione templare di Ruspaglia. Presso le cascine Benedetta e Frera, si trovano ancora oggi i resti di quella via di transito, come testimoniano alcuni ritrovamenti degli anni settanta.
Dal lato opposto, la casa templare, controllava la via proveniente da Torino, che per Volpiano, San Benigno e San Giusto, raggiungeva San Giorgio Canavese, uno dei feudi più estesi appartenenti alla famiglia comitale dei Biandrate. E fu proprio il conte Guido III di Biandrate e i suoi figli Umberto, Guglielmo e Rainero che donarono nel 1174 ai Templari della mansione di S.Apollinare (presso Biandrate) le terre che essi possedevano nel feudo di San Giorgio Canavese.
La “Domus” venne costruita verso la fine del 1100 e prese il nome di Santa Maria “De Ruspallia” dal nome stesso della località. Frequenti erano allora le concessioni, da parte dei nobili, di terre e costruzioni a sostegno dei pellegrini che transitavano per l’Italia raggiungendo gli imbarchi per la Terrasanta.
In effetti, dopo la conquista di Gerusalemme, le strade non erano affatto sicure e poteva capitare che i singoli o addirittura le carovane venissero assalite da banditi disposti a tutto. Poichè inoltre la massa dei pellegrini non aveva accesso alle città, sorse l’esigenza di predisporre a ogni tappa del viaggio (ogni quindici chilometri, corrispondenti a un giorno di cammino) degli “ospizi” o “rifugi”, in grado di soddisfare anche le esigenze del bestiame e dei carri, nel caso di carovane, nonchè degli ospedali, per i malati. Infatti la nostra “Mansio”, dipendente dalla parrocchia di San Giusto Canavese, era costituita da una fattoria composta da casa patronale, alloggi per i lavoranti e altre superfici coperte dove trovavano sede scuderie, stalle, magazzini e dalla chiesetta stessa. Questa importante “Domus” é ricordata in un documento del 1222, in cui si legge che detta casa, unitamente a quella di Santa Maria di Novara, di Santa Maria di Isana e dei SS. Nazario e Celso di Ivrea, era posta sotto la tutela del precettore di San Giacomo di Albareto.
Il 3 aprile 1312 papa Clemente V e il re di Francia Filippo IV, abolirono l’Ordine Templare, passando tutte le proprietà ai Giovanniti, compresa la fattoria e la chiesa di Ruspaglia. Il nuovo Ordine applicò sulla facciata della chiesa e sulla parete sud della fattoria, la croce di Malta in campo rosso, loro simbolo, e affrescarono le pareti interne con immagini della Vergine, di San Giovanni Battista e di San Giacomo, ancora visibili alla metà degli anni ottanta.
Negli anni cinquanta invece, si potevano ancora osservare tracce della presenza templare. Poi, un lungo periodo di degrado, unito a ripetuti atti di vandalismo, hanno reso necessario un radicale intervento di recupero da parte della Sovraintendenza. Nel corso degli interventi, nei pressi della chiesa, si sono individuate e studiate, due sepolture medievali attribuite a monaci che abitavano la mansione. Gli abitanti della cascine vicine raccontano che da tempo immemorabile si tramanda che nella chiesetta di San Giacomo é nascosto un tesoro cercato invano da molti.
Probabilmente si tratta di una leggenda che trova forse origine nella triste fine dell’Ordine e dai suoi presunti legami con l’esoterismo. Esiste anche una sorta di indovinello a sostegno della tesi popolare che dice: “...Il tesoro della bella Morella, che vale più della Francia bella...”.
Ed é stata avanzata anche una ipotesi di interpretazione: il tesoro della mansione di Santa Maria di Ruspaglia, più ricco di quello delle precettorie francesi, poco prima della fuga dei cavalieri é stato nascosto presso la statua della Vergine Nera. Agli enigmisti l’ardua sentenza.
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