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13 Febbraio 2025 - 14:10
La storia non fa sconti. Mai. Le scelte dei leader politici plasmano il destino dei popoli e oggi, di fronte al conflitto in Ucraina, il mondo si trova a un bivio epocale. Da un lato, l’ipotesi di una nuova Yalta, un accordo che ridefinisca gli equilibri globali come fecero Roosevelt, Churchill e Stalin nel 1945; dall’altro, lo spettro di una Monaco 2, il ripetersi di quel fatale appeasement che nel 1938 spalancò le porte alla Seconda guerra mondiale.
Ma la differenza tra le due alternative non è solo semantica: significa decidere se il mondo post-bellico sarà basato su un compromesso che tenga conto degli interessi delle parti o se verrà accettata una resa che garantirà la pace solo a breve termine, a scapito della sicurezza futura.
Gli ultimi sviluppi della politica americana alimentano il timore di una tregua che rischia di essere più un tradimento che un vero negoziato. Donald Trump, tornato alla Casa Bianca, ha ora il potere di trasformare in azione ciò che fino a pochi mesi fa era solo retorica elettorale.
Ve lo ricordate quando diceva di poter porre fine alla guerra in 24 ore? Ora quella frase non è più una provocazione, ma un’agenda politica.
La telefonata tra Trump e Putin di ieri, definita da entrambi “produttiva e costruttiva”, segna un punto di svolta nella diplomazia internazionale. Il tema centrale? L’avvio immediato di negoziati per chiudere la guerra in Ucraina. Un cambio di rotta radicale che lascia presagire un futuro incerto per Kiev.
Se gli Stati Uniti ridurranno il sostegno militare all’Ucraina, il presidente Zelenskij si troverà con le spalle al muro, costretto a negoziare con Putin in una posizione di estrema debolezza. Uno scenario che, per molti analisti, ricorda la Monaco del 1938, quando la comunità internazionale scelse di sacrificare la Cecoslovacchia per placare Hitler. Il risultato? Un’illusoria tregua che, in meno di un anno, si trasformò in una guerra globale.
Putin, consapevole del cambio di rotta americano, ha adottato una strategia di logoramento, mantenendo la pressione sul fronte e scommettendo su un’Occidente sempre più riluttante a sostenere Kiev. Ora che gli Stati Uniti hanno aperto la porta ai negoziati, il Cremlino potrebbe ottenere ciò che vuole senza cedere nulla, ribaltando gli equilibri globali con una vittoria diplomatica.
A rendere il quadro ancora più fosco è il ruolo dell’Europa: mentre Francia, Germania e Spagna temono di essere tagliate fuori dalle trattative, la NATO ha già chiarito, per voce del Segretario alla Difesa USA Pete Hegseth, che il ritorno dell’Ucraina ai confini pre-2014 è un’illusione e che l’adesione di Kiev all’Alleanza non è un’opzione concreta.
Il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha recentemente lanciato un chiaro allarme: non bisogna ripetere gli errori del passato. Parlando a Marsiglia, il 5 febbraio scorso, ha evocato il rischio di un nuovo appeasement, avvertendo che apatia e indifferenza dei governi occidentali potrebbero aprire la strada a un futuro ancora più instabile.
Nel suo intervento all’Università di Aix-Marseille, Mattarella ha sottolineato la necessità di rafforzare le istituzioni internazionali e di non cedere alla tentazione di una pace ingannevole. L’Europa, già divisa tra il sostegno a Kiev e le proprie difficoltà economiche, è a un bivio.
Senza un forte impegno degli Stati Uniti, la NATO e l’Unione Europea dovranno decidere: assumersi la piena responsabilità del conflitto o accettare una tregua che, di fatto, legittimerebbe l’aggressione russa?
L’unica alternativa alla capitolazione potrebbe essere una Yalta 2, una nuova conferenza globale che ridefinisca gli assetti geopolitici del XXI secolo. Se nel 1945 gli Alleati stabilirono le zone di influenza nel mondo post-bellico, oggi un’ipotetica Yalta 2 dovrebbe garantire la sicurezza dell’Ucraina e impedire che la Russia continui a minare l’ordine internazionale.
Ma arrivare a un accordo del genere è tutt’altro che semplice. Putin non ha alcun interesse a cedere territori senza contropartite significative, e l’Occidente difficilmente accetterà un’intesa che non preveda il rispetto della sovranità ucraina. La domanda resta: fino a che punto la comunità internazionale è disposta a sostenere Kiev? E quale prezzo l’Europa e gli Stati Uniti saranno disposti a pagare per evitare un’escalation ancora più grave?
Il mondo è davanti a una decisione che avrà conseguenze per decenni. Yalta o Monaco? Compromesso o resa?L’Occidente è pronto a difendere i principi su cui si fonda la sua sicurezza o lascerà che la storia si ripeta, come nel 1938?
Se Monaco ci ha insegnato qualcosa, è che una pace costruita sulla debolezza non è mai duratura. Chi scambia la sicurezza per la comodità di un cessate il fuoco temporaneo rischia di trovarsi, poco dopo, di fronte a una guerra ancora più devastante.
L’Europa e gli Stati Uniti devono decidere ora da che parte stare. Perché la storia non fa sconti. Mai.
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