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Curiosità in musica
31 Gennaio 2024 - 16:09
Luigi Tenco in "Ciao amore ciao"
«Canterò finché avrò qualcosa da dire e quando nessuno vorrà più ascoltarmi bene, canterò soltanto in bagno facendomi la barba ma potrò continuare a guardarmi nello specchio senza avvertire disprezzo per quello che vedo.»
Luigi Tenco
È in occasione della rinomata kermesse musicale del '67 che un giovane Luigi Tenco presenta, con un’affermata Dalida, il brano “Ciao amore, ciao”. Una scelta azzardata per l’epoca, per il contesto, ma soprattutto per quanto il pubblico era solito aspettarsi: quello del cantautore è un grido di protesta nascosto dietro le note di un’apparente canzone d’amore.
Il protagonista è un contadino meridionale che, mosso dalla speranza di un futuro più roseo, decide di abbandonare il lavoro nei campi e di lasciare gli affetti per cercare fortuna in un nord Italia baciato dal progresso industriale ed economico.
La solita strada, bianca come il sale
il grano da crescere, i campi da arare.
Guardare ogni giorno se piove o c’è il sole,
per saper se domani si vive o si muore
e un bel giorno dire basta e andare via. […]
Per lui una svolta radicale alla quale, forse, non era preparato. Salta infatti “cent’anni in un giorno solo” con l’illusione di una nuova vita agiata e soddisfacente lascia presto il posto alla solitudine, alla delusione e al rimpianto per la realtà lasciata alle spalle.
E poi mille strade grigie come il fumo
in un mondo di luci sentirsi nessuno.
Saltare cent’anni in un giorno solo,
dai carri dei campi
agli aerei nel cielo.
E non capirci niente e aver voglia di tornare da te.
Tenco è un artista impegnato che fotografa la realtà delle cose. O meglio, coglie la natura delle cose per poi fissarla nelle strofe con l’uso di un linguaggio quotidiano, a tratti aspro, con il quale dare voce ai deboli. la sua musica atipica trabocca di significati profondi, che vanno al di là della pura contestazione, facendosi carico di temi sociali del tempo.
intenzionalmente fonde creatività e talento per dare vita a canzoni volte a far riflettere un pubblico che, forse, non era ancora pronto a testi dai contenuti sociali, capaci di farsi portavoce di ideologie e di valori, ma nemmeno alla schiettezza di brani nei quali l’animo umano è messo a nudo.
Quasimodo che, il 10 febbraio 1967, sul quotidiano romano Il Tempo scriveva:
«Luigi Tenco ha voluto colpire a sangue il sonno mentale dell’italiano medio.»
È proprio così!
Lui è l’artista lontano dal tempo, un poeta introverso, incapace di trovare posto nel mondo o, più semplicemente, costantemente in lotta contro un mondo incapace di accoglierlo. Tenco è inaccettabilmente innovativo.
L’edizione del 1967 sarà sempre ricordata per essere stata macchiata dal sangue di Luigi Tenco.
Ciao amore ciao, non entrerà neanche in classifica portando Tenco al suicidio nella propria stanza di albergo a pochi metri dall’Ariston.
L’estremo gesto è ancora oggi molto dibattuto, e c’è chi non crede fino in fondo all’ipotesi del suicidio, ma la certezza è una: Ciao amore ciao diventerà il testamento di uno dei più grandi cantautori italiani.
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