Cerca

Curiosità in Cinema

"Non ti disunire"

Mistero e grande bellezza della battuta cult di Sorrentino nel film "E' stata la mano di Dio"

"Non ti disunire"

Per questo argomento farò un mash-up di etimologia e curiosità dal cinema perché c’è davvero troppo da dire e sono rimasta stravolta ed esterrefatta quando mi è arrivato questo assist quasi per caso.

Il giorno che finisco nella tua lista nera fammi sapere, provo a rinsavire… basta che mi scrivi: ‘Non ti disunire!’

Ricevuta questa richiesta ero sgomenta, ma che voleva dire….. poi quando finalmente le connessioni neuronali si sono attivate ho capito. Ma proviamo, insieme, a fare chiarezza su cosa questa persona ha voluto dirmi!

Poco prima del finale del film, nella scena che per molti versi rappresenta il cuore narrativo della sceneggiatura di ”È stata la mano di Dio”, c’è un dialogo di rara e commovente intensità tra il protagonista Fabietto (Filippo Scotti) e il personaggio di Antonio Capuano (Ciro Capano).

In questo passaggio-chiave Capuano recita una battuta tanto potente quanto sibillina, incisiva e misteriosa allo stesso tempo: “Non ti disunire”.

Come spettatori percepiamo il valore fondamentale, quasi incantato, di quella battuta; tuttavia, al pari di Fabietto quando se la sente scagliata contro, ci chiediamo anche: “Sì, ma che significa?”.

In un certo senso lo devi scoprire da solo.

Sullo sfondo di una Napoli meravigliosa, il film racconta di Fabietto, della sua famiglia, della tragedia che la distrugge, e di come quel trauma sia tutt’uno con la sua vocazione artistica verso il cinema e un bisogno di narrare che sgorga irrefrenabile.

“Ce l’hai qualcosa da raccontare? Fabietto” dapprima incapace di rispondere nulla, alla fine, incalzato sempre più, dice solo che non glieli hanno fatti vedere, alludendo ai corpi dei genitori scomparsi da poco.

È da lì che nasce il monito di Capuano. Non ti disunire. Non ti disunire mai, gli dice. Poi lo chiama "Fabio" (e non Fabietto) come se gli stesse dicendo che deve trovare la sua vera identità adulta.

Ad un primo livello interpretativo “Non ti disunire” vuol dire “Resta fedele a te stesso”, anche a quella Napoli così bella e così straziata di fronte al cui mare si svolge il dialogo; per questo Capuano lo esorta a non andare a Roma, città eterna sì, ma anche città dove tutto ciò che è umano si disperde e si corrompe.

Ma non basta, c’è di più. “Non ti disunire” vuol dire non scindere la propria interiorità sfregiata dall’esistenza di tutti i giorni, comprendere la natura irredimibile del dolore e non barattarla con le consolazioni della vita.

 In filosofia e in psicanalisi c’è un pregnante termine tedesco che indica la scissione e la dissociazione interiori: Spaltung. Descrive la disgregazione, la dispersione, la sconnessione dell’Io che diventa incapace (per un meccanismo inconscio di difesa) di vedere la realtà globalmente, e ne sceglie solo una parte come vera, negando l’altra.

Capuano sta dicendo a Fabio di non attuare quel meccanismo di difesa. Perché altrimenti non avrà niente da raccontare.

Alla fine lui di disunisce?

Bhe ( SPOILER ALLERT!) nel finale Fabio a Roma ci va.

Si è disunito? No, Napoli lui se la porta comunque nel cuore e con Napoli si porta dietro il suo dolore tutto intero.

In questi ultimi due anni barcollanti dove la vita ha vacillato, me lo sono ripetuto così tante volte e in così tante forme riempiendo la mia testa di parole e ora tutto viene confinato in una sola e semplice frase:“Non ti disunire ché non te lo puoi permettere”.

C’è tutto in quelle parole, se si riesce a comprenderle.

 

 

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori