Ho avuto l'onore di essere nominato Presidente dell'Associazione Iniziative Culturali Settimesi (ICS), l'associazione fondata da Franco Bessone (che ringrazio per la fiducia, insieme agli altri amici, in particolare Bobby e Armando, che mi hanno voluto coinvolgere). ICS è una delle associazioni di Settimo che opera per promuovere la cultura popolare nella nostra città. L'esperienza maturata fino ad oggi mi ha permesso di vivere da vicino il mondo associativo settimese. In particolare ho trovato molto interessante contribuire all'organizzazione delle iniziative per le feste patronali dal Falò del Gambero alla passeggiata condotta lungo le architetture di Settimo. Vorrei quindi provare a mettere a fuoco una breve riflessione su cosa dovrebbe significare per me, promuovere la cultura popolare, in generale, e la "settimesità" in particolare. Parto dal presupposto che lo scopo primario di una associazione culturale (come ICS) debba essere quello di contribuire a consolidare la coesione sociale e l’identificazione dei cittadini settimesi con la loro città, attraverso la diffusione, la divulgazione e la promozione del patrimonio culturale e storico. Un patrimonio fatto di beni materiali e immateriali; opere, monumenti ed ovviamente tradizioni, riti, modi e modalità di stare insieme, in società. Un secondo presupposto è che una cultura può definirsi popolare sono nella misura in cui questa viene percepita come tale da un ampio gruppo di persone. La pasta al pomodoro può essere considerata il piatto nazionale italiano solo nella misura in cui è un pasto che viene consumato letteralmente in ogni casa, in ogni famiglia italiana. Una tradizione che viene coltivata nell'ambito di una ristretta cerchia di persone, depositarie esclusive ed immutabili nel tempo, non è una tradizione popolare. Terzo, la cultura non è un monolite, nemmeno quando si tratta di tradizione. La cultura e le tradizioni che si collegano ad essa sono molto più dinamiche di quanto non si voglia credere. La pasta al pomodoro è diventata piatto nazionale solo nel secondo dopoguerra; prima di questo periodo la maggior parte degli italiani non sapeva nemmeno di cosa si trattasse, nemmeno al sud, o a Napoli. C'è sempre un momento in cui le tradizioni nascono, si sviluppano, e c'è un momento in cui queste tradizioni cambiano. Questo succede perché prima di tutto cambiano le società che esprimono quelle tradizioni. Una tradizione che non si adatta diventa folclore; che va benissimo, a patto di esserne consapevoli. La cultura italiana ama molto rispecchiarsi nel passato e sistematicamente nobilitare il presente con l'antichità delle sue tradizioni. Eppure non c'è niente di più moderno delle nostre tradizioni, o meglio, non c'è niente di più caratteristico dell'Italia contemporanea di questo desiderio di specchiarsi con il passato. Le tradizioni quindi nascono e muoiono insieme con le persone che se ne prendono cura. Torniamo quindi al tema della popolarità, se una tradizione viene tenuta in vita solo da una elite di pochi cultori, quella sarà tutto tranne che un fenomeno popolare. Al contrario una tradizione che sia espressione dell'identità di un gruppo di persone ha senso e vitalità nella misura in cui c'è un ampio numero di persone che se ne prende cura, o che almeno vi si riconosce. Diventa quindi fondamentale cercare di comprendere in che tipo di società viviamo. Nel caso della "settimesità", capire di cosa è fatta Settimo; chi sono i suoi abitanti e qual è il loro modo di stare in società. Settimo è una città di antica fondazione, con riferimenti storici e storiografici che risalgono all’epoca romana, eppure ha una storia sociale e urbanistica molto recente caratterizzata dallo sviluppo industriale e urbano del secondo dopoguerra quando la città è passata in pochi decenni da 15 mila a quasi 50 mila abitanti. Già solo con questi numeri possiamo dire che almeno due abitanti su tre non hanno origini piemontesi. In questa crescita la struttura sociale della città si è profondamente trasformata. Accanto ai cittadini autoctoni si sono aggiunte persone provenienti da tutte le parti di Italia. Una trasformazione bene evidenziata anche nell’aspetto urbano della città, dove del tessuto urbano storico è rimasto poco o niente. La stessa città industriale novecentesca è in via di ricostruzione; le tracce della città degli anni 60 e 70 sono già in via di scomparsa; le fabbriche si trasformano in residenze e centri commerciali e dove non sono stati recuperati interi quartieri, rimangono quasi solo ruderi e relitti industriali. Già tra la fine dell'800 e l'inizio del '900 settimo si distingueva per una spiccata vocazione artigianale; piccoli artigiani che lavoravano a cottimo ponevano le basi per il successivo sviluppo industriale. Nell’arco di un secolo il borgo rurale storico ha lasciato posto alle fabbriche e alle residenze popolari, con il loro portato di disagio e invivibilità, per poi ritrasformarsi nuovamente in epoca post industriale. Questa ultima trasformazione, lungi dall’essere completata, non ha ancora prodotto una nuova identità; non è nemmeno sicuro che si possa raggiungere una identità che non si possa definire altro che fluida. Si è fermato l’impeto novecentesco ma non si sono fermate le trasformazioni. Si lavora molto di più sulla conservazione, sul recupero urbano; la città cambia volto. Contestualmente assistiamo anche a nuove immigrazioni, nuove identità antropologiche che decidono di abitare nella città; stranieri che scelgono Settimo per costruirsi una nuova esistenza, persone con le quali occorre confrontarsi e costruire nuovi modi di vivere e stare insieme. Magari costruire anche nuove tradizioni. Convivono in settimo quattro anime, l’anima storica tradizionale, l'anima artigianale, l’anima operaia e popolare, l’anima moderna e contemporanea. Nessuna in grado di prendere il sopravvento sull’altra. Gli effetti di questa coabitazione e di questo rimescolio di culture sono alla base della condizione di “Spaesamento” che stiamo vivendo. “Spaesamento è il senso di smarrimento e di estraneità provato da chi si trova in un luogo o in un ambiente nuovo e sconosciuto.” (letteraemme.it) Quanti settimesi possono dire di conoscere la città in cui vivono? D'altra parte in antropologia lo spaesamento è una condizione di alterità e di distacco; una condizione necessaria per la comprensione di un fenomeno sociale. “L’antropologia culturale (…) ha fatto comprendere il rapporto necessario con l’alterità, facendo capire che lo spaesamento prodotto dal rapporto con l’altro è per l’Occidente condizione della propria autocomprensione.” (Identità e spaesamento. La prospettiva antropologica - francoangeli.it) Una condizione in fondo ottimale per provare a capire le cose. Bisogna quindi innestarsi all’intero di questa condizione. Occorre lavorare per promuovere una progressiva riconnessione dei cittadini con i fenomeni urbani nei quali vivono ed esistono. Ricostruire il senso di appartenenza a partire dalla ricomprensione della propria appartenenza ad una comunità complessa e in continua mutazione. Da una parte coinvolgere i cittadini in iniziative di divulgazione e racconto della città e delle sue origini storiche. Dall’altra rendere i cittadini stessi protagonisti di questo racconto, tutti i cittadini; quelli che abitano questa città da generazioni, quelli che ci sono arrivati nel secolo scorso e quelli che arrivano oggi. Occorre ricucire il tessuto che lega le tradizioni antiche, il folclore e la ritualità con il fluire della vita sociale contemporanea. Sfruttare la condizione di spaesamento ed alienazione che caratterizza così tanto la condizione contemporanea, come punto di forza per una riflessione sulla identità sociale. Promuovere la "settimesità" a partire dai settimesi.
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