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Nel mezzo del cammin….700 anni dalla morte del sommo Dante

Nel mezzo del cammin….700 anni dalla morte del sommo  Dante
Nel mezzo del cammin….700 anni dalla morte del sommo Dante La vita di Dante Alighieri è strettamente legata agli avvenimenti della vita politica fiorentina. Alla sua nascita a Firenze il 29 maggio 1265, la data è presunta, comunque compresa tra maggio e giugno, la città era ormai da più di cinque anni nelle mani dei ghibellini. Firenze era in procinto di diventare la città più potente dell'Italia centrale. da una famiglia della piccola nobiltà. Nel 1274, secondo la Vita Nuova, vede per la prima volta Beatrice (Bice di Folco Portinari) della quale si innamora subito perdutamente. Dante ha circa dieci anni perde la madre e nel 1283 muore anche suo padre Alighiero di Bellincione, commerciante, ee Dante a 17 anni diviene il capofamiglia. A partire dal 1250, un governo comunale composto da borghesi e artigiani aveva messo fine alla supremazia della nobiltà e due anni più tardi vennero coniati i primi fiorini d'oro che sarebbero diventate le monete dell'Europa mercantile. Il conflitto tra guelfi, fedeli all'autorità temporale dei papi, e ghibellini, difensori del primato politico degli imperatori, divenne sempre più una guerra tra nobili e borghesi simile alle guerre di supremazia tra città vicine o rivali. Nel 1289 prese parte alla guerra dei Guelfi contro i Ghibellini. A Firenze, tra i venti e i trent’anni, partecipò intensamente alla vita culturale della città difendendo il volgare, continuando i suoi scritti e i suoi studi filosofici. Poi, dal 1295, fece politica attiva, per ciò si iscrisse alla Corporazione dei Medici e Speziali. Nel 1295 fu tra i Savi consultati per l’elezione dei Priori. Nel 1296 appartenne al Consiglio dei Cento che deliberava le spese della città. Nel maggio del 1300 fu inviato ambasciatore a San Gimignano per ottenere l’adesione di quel Comune in un momento difficile. Vi fu eletto Priore ma si rese conto ben presto della debolezza di quel comune e vi rimase un solo bimestre, giugno-agosto. In quel tempo la maggiore minaccia alla libertà comunale di Firenze era costituita dal Pontefice Bonifacio VIII che tendeva ad assicurare alla Chiesa l’egemonia sui comuni dell’Italia Centrale, in particolare sulla Toscana. All’interno di Firenze la lotta politica era tra due famiglie, I Cerchi e i Donati, Bianchi e Neri. Attorno ai Cerchi erano i ghibellini che Dante disdegnava giudicandoli poco energici. Nell’ottobre 1301 si accostò a Firenze Carlo di Valois mandato dal Papa, per sedare la lotta tra Bianchi e Neri. Dante fu uno dei tre ambasciatori mandati dalla Signoria di Firenze al Papa da cui Dante fu trattenuto. Intanto Carlo di Valois consegnava ai Neri, il cui capo era Corso Donati, il governo del comune di Firenze. Dante non tornò a Firenze ma preferì andare a Siena dove gli giunse la notizia di essere stato condannato, in contumacia, 27 gennaio 1302, all’esilio per 2 anni e all’esclusione perpetua dagli uffici. Non essendosi presentato a pagare l’ammenda e a scolparsi fu condannato al rogo. Cominciò il suo esilio, dapprima affiliato agli altri fuoriusciti, poi da solo, dal 1304, quasi mendicando. Il primo rifugio fu a Verona presso gli Scaligeri, poi a Treviso. Nel 1306 era in Lunigiana ospite di Morello Malaspina, ma pungente era la nostalgia per la sua Firenze e la preoccupazione per i figli anch’essi mandati in esilio con un provvedimento del 1303. Fu in quegli anni che cominciò a scrivere il “Convivio” e il “De vulgari eloquentia”. Nel 1310 discese in Italia Arrigo VII di Lussemburgo col consenso di Papa Clemente V che lo considerava un sovrano pacifico e giusto. L’avvento di Arrigo VII dette grandi speranze a Dante, ma ben presto il fallimento di Arrigo, la rottura tra la Chiesa e l’Impero, lo sconvolse perché era stato escluso dalla amnistia concessa dal Comune di Firenze agli esuli guelfi nel 1311. Nel 1315 Dante rifiutò l’amnistia concessagli da Firenze, che esigeva che si dichiarasse colpevole e per le condizioni troppo umilianti previste. Perciò la condanna all’esilio fu estesa a tutta la famiglia. Di questi problemi Dante accenna ne “La Monarchia”, nell’epistola ai Cardinali italiani, ed anche nelle invettive ne “Il Purgatorio” e ne “Il Paradiso”. La Signoria fiorentina ribadirà la condanna a morte contro di lui e i suoi figli. Il suo problema politico si convertì in una missione religiosa già in lui sentita, di cui sono testimoni i suoi scritti. Dopo la morte di Arrigo VII Dante accettò l’ospitalità di Cangrande a Verona come si legge nell’epistola a lui dedicata nella terza cantica del Poema allora appena iniziato. A Verona era ancora nel gennaio del 1320 mantenendo ottimi rapporti con Cangrande cui mandava tutti i canti del Paradiso a mano a mano che li componeva. Poi passò a Ravenna sotto a protezione di Guido Novello da Polenta da cui fu mandato come ambasciatore a Venezia. Aveva appena finito di comporre “La Divina Commedia”. Sulla via del ritorno ebbe un grave malore e morì, il 13-14 settembre del 1321. Sia l’uomo Dante che la sua opera sono strettamente legate alle vicende della sua vita, l’incontro e la prematura morte di Beatrice, la sventura politica dell’esilio da Firenze, l’attesa di un rinnovamento politico e sociale rappresentano quei nodi tematici senza i quali non è possibile comprendere la figura del sommo Poeta. Ma non è soltanto il desiderio per la donna amata e per la propria città, entrambe perdute, a guidare l’attività poetica e letteraria di Dante: a fronte della situazione politica del suo tempo e dello stato di corruzione in cui versava la Chiesa romana in continua lotta col potere temporale, il poeta fiorentino può essere considerato una tra le voci più importanti che, tra XIII e XIV secolo, criticarono i propri tempi. Dante è molto di più, ritengo che possa essere considerato un autore universale, perché non ha solo parlato alla propria generazione ma all’umanità intera affinché essa, oggi come allora, possa intraprendere, proprio come ha fatto lui in prima persona, un percorso di redenzione e di rinnovamento. La sua è una poesia che parla direttamente al cuore di ognuno di noi a settecento anni dalla sua morte. Ogni volta che leggo quanto ha scritto ne colgo sempre una sfumatura emotività passionale, soggettiva che rende l’opera artistica unica e irripetibile. Favria, 13.09.2021 Giorgio Cortese Buona giornata. Alla fine andrà tutto bene, se non andrà bene non è la fine. Felice lunedì. Stupirsi ogni giorno vuol dire apprezzare le meraviglie che la vita ci dona. Ti aspettiamo a Favria MERCOLEDI’ 6 OTTOBRE 2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio
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