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07 Ottobre 2025 - 21:58
In Argentina, la politica si confonde con lo spettacolo. Ancora una volta. Nella notte tra lunedì e martedì, il presidente Javier Milei ha trasformato la Movistar Arena di Buenos Aires in un’arena rock, presentando il suo nuovo libro come se fosse il frontman di una band metal. Davanti a 15mila spettatori in delirio, giubbotto di pelle nera e voce roca, Milei ha lanciato “La costruzione di un miracolo: il caso Argentina” tra chitarre elettriche, cori e slogan politici.
Un evento a metà tra comizio e concerto, con tanto di merchandising e scenografie da tournée. Ma dietro lo show e l’euforia, si nasconde una realtà economica ben più fragile. Nel suo quattordicesimo libro, Milei si attribuisce il merito di aver “trascinato l’Argentina fuori dal baratro”, vantando il calo dell’inflazione dal 200% al 33%. Una narrazione che ignora, però, il prezzo sociale pagato dal Paese: tagli draconiani, licenziamenti di massa e una povertà in aumento che continua a colpire milioni di famiglie.
Durante la serata, il presidente ha alternato assoli di microfono a discorsi motivazionali in stile talk show, affiancato dal capo del suo gabinetto. «Buongiorno a tutti, sono il leone!» ha urlato all’inizio dello spettacolo, prima di rivolgersi al pubblico come in un comizio elettorale: «Non mollate, siamo a metà strada, dobbiamo arrivare dall’altra parte del fiume». Poi la promessa: «Abbiamo perso un round, ma non la battaglia», in riferimento alla sconfitta elettorale a Buenos Aires e alle difficoltà in vista delle elezioni di metà mandato del 26 ottobre.
Dietro l’entusiasmo del pubblico e la retorica del “miracolo argentino”, Milei cerca di ricompattare un consenso in evidente calo, scosso dallo scandalo di corruzione che ha travolto il deputato José Luis Espert, uno dei suoi uomini più vicini, costretto al ritiro dopo presunti legami con il narcotraffico.
Il presidente, che in pochi mesi ha tagliato ministeri, sussidi e spesa pubblica, continua a difendere le sue politiche come “necessarie per la rinascita nazionale”. Ma secondo gli economisti indipendenti, l’Argentina non ha ancora intrapreso alcun “miracolo”: il PIL è fermo, i salari sono ai minimi da vent’anni e le tensioni sociali crescono di giorno in giorno.
A sostenerlo, intanto, rimane il suo alleato d’oltreoceano Donald Trump, che lo ha elogiato pubblicamente per le “riforme coraggiose” e gli ha promesso nuovi finanziamenti da Washington.
Il concerto di Milei è così diventato l’ennesima prova del suo stile politico unico: un mix di populismo, marketing e culto della personalità. Un presidente che, tra una canzone e un discorso, continua a trasformare la crisi argentina in uno spettacolo di massa, mentre il Paese resta in bilico tra il rock e il default.
Milei con la motosega
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