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Cronaca
02 Marzo 2025 - 17:52
Un’azione simbolica ma potente, un grido silenzioso che si è levato tra le opere della mostra American Nature alle Gallerie d’Italia di Torino. Extinction Rebellion, il movimento ambientalista noto per le sue proteste non violente, ha occupato una delle sale del museo di Intesa Sanpaolo, denunciando con forza il ruolo della banca negli investimenti nei combustibili fossili.
Una trentina di attivisti e attiviste sono entrati con regolare biglietto, per poi sdraiarsi a terra nella stanza dedicata ai danni causati dall’industria fossile, trasformando lo spazio espositivo in un drammatico tableau vivant della distruzione ambientale. Mentre i loro corpi occupavano il pavimento, all’esterno altri attivisti affiggevano cartelli sulle vetrine degli uffici legali della banca, riprendendo gli stessi messaggi esposti dentro il museo.
“Questa mostra celebra la natura e coloro che cercano di preservarla. Esattamente l’opposto di ciò che sta facendo Intesa Sanpaolo”, ha dichiarato Sofia, una delle manifestanti. Secondo dati recenti, tra il 2016 e il 2023, la banca torinese ha finanziato il settore fossile con 1,3 miliardi di dollari, rendendola l’istituzione finanziaria italiana con il maggior coinvolgimento negli investimenti inquinanti. “I soldi che Intesa Sanpaolo oggi investe in gas e petrolio sono proprio ciò che contribuirà a causare le stesse morti e gli stessi danni che questa mostra oggi racconta”, ha aggiunto Sofia, denunciando un paradosso che sa di beffa: un museo che omaggia la natura, finanziato da chi la devasta.
Il problema non si limita al passato: nei prossimi anni, la banca continuerà a sostenere progetti devastanti come il megaterminale per il gas naturale liquefatto in Texas, per il quale sarebbero stati destinati 1,08 miliardi di dollari, o la nuova piattaforma Coral North al largo delle coste del Mozambico. Un affare multimiliardario che, anziché portare sviluppo e benessere, ha contribuito ad accrescere il debito del paese africano, ad acuire le disuguaglianze e ad alimentare il conflitto che insanguina Capo Delgado dal 2017.
Ma c’è di più. Gli attivisti hanno puntato il dito contro le denunce presentate da Intesa Sanpaolo nei confronti di chi protesta per il clima e la biodiversità. “Su queste pareti ci sono le storie di persone che hanno perso la vita per aver difeso la terra. La banca proprietaria di questo museo è la stessa che ha denunciato più volte cittadini per aver chiesto di abbandonare gli investimenti nel fossile”, ha ricordato un altro attivista. Tra le vicende più clamorose, la denuncia per violazione di domicilio contro una persona che aveva attaccato con lo scotch alcuni volantini nel grattacielo di Intesa, contenenti i dati sugli investimenti fossili della banca. Oppure quella per imbrattamento nei confronti di quattro attivisti che avevano scritto con vernice lavabile “Fuori dal fossile” all’ingresso della sede. Entrambe le accuse sono state archiviate dalla magistratura, ma rimane evidente il tentativo di criminalizzare la protesta pacifica.
L’azione alle Gallerie d’Italia non è un evento isolato, ma l’inizio di qualcosa di più grande. Ieri, Extinction Rebellion ha lanciato la campagna Primavera Rumorosa, un’ondata di mobilitazioni che attraverserà l’Italia nei prossimi mesi e culminerà in una settimana di proteste a Roma dal 25 aprile al 1° maggio. Un invito a scendere in piazza contro le politiche climatiche del governo e le complicità delle banche con l’industria fossile, per chiedere giustizia ambientale, sociale e lavorativa.
Mentre le istituzioni e le multinazionali continuano a fare greenwashing, la resistenza dal basso cresce. E oggi, nel cuore di Torino, un museo si è trasformato nel palcoscenico di una protesta che grida il diritto a un futuro libero dai combustibili fossili.
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