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Valeria Solarino: “Il tennis è come la recitazione. In campo e sul set, resti solo con le tue emozioni”

L’attrice torinese racconta alle Nitto ATP Finals di Torino la sua passione per il tennis, nata leggendo la biografia di Andre Agassi. Un dialogo intenso tra sport e arte, sotto la cupola trasparente di piazza Castello, dove la città celebra il talento, la concentrazione e la magia dell’attimo presente

Dallo sport alla musica, dalla storia alle leggende: le Nitto ATP Finals non sono soltanto una sfida tra i più grandi tennisti del pianeta, ma un vero e proprio festival della cultura e dello spettacolo, capace di trasformare Torino in un palcoscenico pulsante, dove ogni incontro diventa un’occasione di dialogo, energia e ispirazione.

Sotto la grande cupola geodetica trasparente di piazza Castello, simbolo di apertura e modernità, per un’intera settimana si alternano campioni, artisti e protagonisti della scena culturale italiana. Talk, interviste, musica dal vivo: una staffetta di emozioni che mette in gioco non solo la forza fisica, ma anche la capacità di raccontarsi, di condividere esperienze e passioni. La forma circolare e trasparente della struttura diventa così metafora perfetta di un luogo inclusivo, dove ogni voce trova spazio e ogni spettatore può sentirsi parte della storia.

Sul palco, tra gli ospiti, si è distinta anche Valeria Solarino, attrice torinese dal talento magnetico, che ha raccontato il suo personale legame con il tennis. Un dialogo intenso, in cui ha svelato le affinità sorprendenti tra la recitazione e lo sport agonistico: la concentrazione, la tensione del momento, la necessità di entrare in scena — o in campo — con la stessa dedizione, lo stesso coraggio, la stessa voglia di superarsi.

Valeria Solarino durante il talk a casa tennis

Come sono queste ATP Finals e questa edizione in particolare?

«Le ATP Finals sono uno dei momenti più belli e importanti dell’anno per il tennis. Avere questo evento a Torino è un privilegio: per me, che sono torinese, è una gioia incredibile poterlo vivere da vicino ogni anno. Spero davvero che questa magia possa continuare anche in futuro», racconta Valeria Solarino, con l’entusiasmo di chi vive l’evento non solo come spettatrice, ma come parte di una comunità che si riconosce nello sport e nella sua energia.

Da quanto tempo coltivi questa passione per il tennis?

«Da parecchio ormai, direi una quindicina d’anni, forse di più. L’ho scoperto in età adulta, quasi per caso, leggendo “Open”, la biografia di Andre Agassi. Quel libro mi ha folgorata: mi ha fatto capire quanto il tennis sia uno sport mentale e profondo. Dopo la lettura, ho deciso di provarlo e ne sono rimasta conquistata. La prima partita che ho visto in TV è stata una di Nadal: è stato amore a prima vista».

Un colpo di fulmine, insomma, nato da una pagina di libro e trasformato in passione vera, coltivata nel tempo con la curiosità e la determinazione che caratterizzano il suo percorso artistico.

Ci sono somiglianze tra la vita di un’attrice e quella di un tennista?

«Assolutamente sì. In entrambi i casi si è soli “in campo”, anche se dietro c’è sempre un team che ti sostiene. Ma nel momento decisivo sei tu, con le tue emozioni. L’attore come il tennista deve imparare a gestirle, a utilizzare solo quelle giuste. Il tennista, quando gioca, deve fare pulizia mentale, liberarsi da tutto il resto e concentrarsi solo sull’attimo presente. E lo stesso vale per chi recita: devi dimenticare tutto ciò che hai studiato e vivere pienamente il momento, davanti al pubblico o alla macchina da presa».

Solarino parla con lucidità e passione, cercando i punti di contatto tra la fatica fisica dell’atleta e quella emotiva dell’interprete. Due mondi solo apparentemente distanti, che condividono la tensione dell’attimo, la concentrazione, la solitudine.

Molti sportivi, quando si cimentano nella recitazione, sorprendono per la loro naturalezza. Spike Lee, che sarà presto a Torino, dice che accade “perché sono abituati a essere diretti”. Sei d’accordo?

«Sì, trovo che sia vero. C’è una disciplina comune, quella di lavorare con uno staff e affidarsi a una guida. Alcuni tennisti hanno una grande presenza scenica, sanno divertirsi e coinvolgere il pubblico: non mi stupisce che riescano anche a recitare bene. Forse non cambierei i ruoli, ma riconosco che ci sono molte dinamiche simili tra i nostri mondi».

Un riferimento a Djokovic, magari?

«No, no, nessun riferimento» — sorride, ma non troppo, lasciando intravedere il confine ironico tra il campo e il palcoscenico.

Sotto la cupola trasparente di piazza Castello, la voce dell’attrice si intreccia con quelle di atleti e appassionati, in un dialogo che supera i confini dello sport. È qui che il tennis incontra il cinema, la musica, la vita stessa. Torino, ancora una volta, si conferma palcoscenico ideale per celebrare non solo le imprese sportive, ma anche le connessioni umane che nascono dal confronto e dalla passione condivisa — sotto quello sguardo limpido e trasparente che è ormai diventato simbolo della città: la sua cupola, la sua apertura, la sua energia.

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