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13 Agosto 2025 - 16:01
Un paesaggio che mescola la suggestione delle Valli di Lanzo e la memoria pesante di un passato industriale è il filo conduttore della puntata “extra” di Connettere l’ambiente, la webserie ideata e realizzata dai giovani del Servizio Civile Universale e della Città metropolitana di Torino. L’episodio si apre dalla vetta del Monte San Vittore, a 891 metri di altitudine, per poi spostarsi sull’ex Amiantifera di Balangero, dove nel 1904 venne scoperto il più grande giacimento di amianto d’Europa.
Le attività estrattive iniziarono negli anni Venti e proseguirono fino al 1990, quando la cava chiuse i battenti. Per decenni rappresentò una fonte di lavoro importante, ma il minerale, impiegato nell’industria tessile e siderurgica e come isolante, si è rivelato altamente nocivo. “Pensavano di aver trovato il minerale perfetto, ma ogni cosa ha il suo prezzo e prima o poi bisogna pagarlo” osserva Irene, portavoce del gruppo di lavoro della webserie.
Oggi la cava è una sorta di cattedrale industriale del Novecento, al centro di un intervento di bonifica che entro fine anno restituirà risanati circa due terzi dei 310 ettari complessivi. Terminata questa fase, sarà possibile valutare lo sviluppo dell’area, con un progetto orientato verso la creazione di un polo di produzione energetica innovativa ed ecosostenibile.
Si lavora già alla costituzione di una comunità energetica nell’ex sito minerario, con l’installazione di pannelli fotovoltaici e una centralina idroelettrica, la produzione di idrogeno e il recupero di materiali ancora presenti nei capannoni dove l’amianto veniva trattato e confezionato.
Le telecamere di Connettere l’ambiente si soffermano poi su un elemento suggestivo: il lago. “Si tratta di un lago profondo circa 50 metri che contiene 2 milioni di metri cubi di acqua” spiega Gianluigi Soldi, direttore della Rsa – Società di risanamento e sviluppo ambientale, che guida l’intervento di bonifica. “Si è formato a seguito della cessazione dell’attività estrattiva all’interno del bacino minerario da cui venivano estratte le rocce per produrre il crisotilo, il minerale di amianto. Dopo la chiusura si interruppe anche l’attività delle pompe che drenavano il fondo e lentamente il bacino si è riempito fino a raggiungere lo stato attuale”.
Sul lago resta ancora il materiale residuo dell’ultima volata di mine utilizzate per estrarre la roccia. “Questi residui sono rimasti sulle gradonature del bacino perché non venivano più impiegati. Non resteranno lì per sempre: saranno rimossi per costruire il sito di conferimento definitivo dei rifiuti, esclusivamente provenienti dalla bonifica” aggiunge Soldi.
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