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Il barbiere che taglia i capelli ai clochard, in cambio di un sorriso

Ha 30 anni e fa volontariato nei parchi, tra le vie, nelle piazze andando dagli "invisibili"

Un sorriso. E poi forbici e rasoio.

E' così che Gabriel Togliatti gira di sera tra le strade del centro di Torino dove, al calar del buio, spuntano gli "invisibili". Gira tra coperte, sacchi a pelo e cartoni alla ricerca di qualcuno che voglia farsi tagliare i capelli.

"Il primo punto di contatto è sempre un sorriso - racconta -. Se ricambiato, offro il mio servizio, altrimenti una parola, uno scambio di esperienze. Quanta ricchezza in questi incontri...".

Da circa un anno questo ragazzo di Ciriè, 30 anni e una professionalità che spende anche insegnando nelle Accademie, gira per parchi, strade e piazze tagliando i capelli ai clochard.

"Tagliare i capelli è ciò che so fare, il mio modo di mettermi a disposizione. Ma in quelle serate tra gli ultimi c'è molto di più. Uno scambio intenso. E posso garantire che è più quello che loro danno a me che quel che io posso dare loro".

Si dedica a loro di sera o la domenica, quando i suoi impegni tra Milano e Torino alla «Professione Accademia», gli lasciano del tempo libero.

"Quest'esperienza è nata guardandomi intorno - racconta -. In America e in altri paesi ci sono dei veri e proprio mestieri che nascono per aiutare le persone "invisibili" a livello di società. Girando in centro a Torino non potevo non notare queste persone messe da parte. Il viso trasmette tutto. Erano tristi. La vita li mette a dura prova. Ciò che mi interessava era regalargli un momento bello per loro. Emozionante. Di vicinanza, togliendo quella separazione che c'è a livello sociale".

La professione di Gabriel diventa così uno strumento per avvicinarsi a loro.

"Anche a livello interpensonale questo lavoro è di aiuto. Quando insegno, non insegno solo il mestiere, ma anche l'aspetto psicologico che c'è dietro al contatto con il cliente". 

"Queste persone mi danno tanto. Si potrebbe credere che siano vuote, invece no. Loro hanno grandissime emozioni, cuore. Spesso mi raccontano le loro storie ed è capitato che mi abbiano fatto commuovere".

La strada per la maggior parte di loro non è una scelta di vita, ma l'unico posto che una società emarginante lascia loro.

"Ci sono molti ragazzi giovani che hanno studiato e fatto esperienze all'estero, ma una volta tornati in Italia non hanno trovato una posizione. Poi li trovi ai margini delle strade e ti domandi come possa essere arrivato lì. Perché è arrivato lì. Queste storie mi commuovono profondamente e non c'è nessun profitto che possa ricambiare tutto questo. E mi accorgo di quanto basti essere sfortunati. Se non si hanno delle basi, una famiglia che ti sostiene può succedere".  

Tra di loro anche molti italiani

"Gli italiani all'inizio sono sempre molto diffidenti . Avevano pauta di raccontarmi le loro storie. Si aprivano più alla fine del taglio. Durante il taglio, che dura circa 10 minuti, non parlavano. Poi, negli ultimi minuti è capitato che iniziassero a raccontarsi, si lasciavano andare".

Qual è il tuo approccio con le persone che intendi raggiungere?

"La prima cosa è il sorriso. Senza macchinette o forbici in mano. Sorridendo e chiedendo come stanno, come va. Loro si sentono già presi in causa. Noi siamo abituati a questi scambi di relazioni. Per loro, invece è davvero importante".

E poi ci sono quelle storie che entrano nel cuore e ci restano.

"Ho conosciuto un ragazzo senegalese al parco della Pellerina. Lui è venuto in Italia senza figli e senza moglie per cercare un lavoro. Ma non è più riuscito a portar qui la sua famiglia. Dopo tanti anni, però, quello resta il suo più grande obiettivo. Aveva un sogno. E questa cosa mi ha fatto emozionare".

Quello zaino pieno di emozioni...

"Quel ragazzo senegalese aveva con sé uno zaino. Al termine del taglio ha voluto aprirlo e mostrarmi il contenuto. Era pieno di fogli. Erano i disegni della sua bambina. E questa cosa mi ha fatto emozionare davvero tanto".

E' passato un anno da quel primo taglio

"Continuo a farlo e non ho intenzione di smettere. Capisco i miei colleghi che non riescono a farlo perché hanno un salone e il lavoro non glielo permette. Ma io ho la possibilità di organizzarmi e il tempo lo trovo. Quando riesco, non solo la domenica, ma anche in settimana, vado e taglio capelli".

Quanti tagli avrai fatto in questo anno?

"Credo una quarantina, non li ho contati, ma la cifra è quella".

Solo uomini?

"Sì, d'altronde io mi  occupo di quello e vado sul sicuro".

Gabriel nella vita faceva l'operaio, lavorava sulle macchine a controllo numerico, poi un un giorno ha trovato la forza di seguire la sua passione.

"Già tagliavo i capelli ai miei amici, mi piaceva, era la mia passione, ma ad un certo punto ho deciso di farlo per lavoro. Ora insegno nelle accademie, gestisco saloni e lavoro come free lance, dove mi chiamano".

Più una passione che un lavoro

"A me piace stare con le persone. E in questo mestiere oltre a metterci il cuore, bisogna essere anche un po' psicologi. Quella è la prima caratteristica che deve avere un parrucchiere. Anche se sei bravissimo, se non sei empatico, il cliente ha poca fiducia di te. I senzatetto mi hanno molto aiutato in questo senso. E' uno scambio reciproco. Nessun profitto potrebbe mai pareggiare questo scambio".

Hai un sogno?

"Sì, creare un'app tramite la quale raggiungere le persone disabili che no possono andare a farsi tagliare i capelli e potermi quindi recare da loro, nelle strutture e negli ospedali, su loro chiamata. Una sorta di Glovo per i capelli. Con il Covis molte persone non hanno potuto e io mi sono reso utile". 

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