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06 Luglio 2021 - 01:16
ROCCA CANAVESE. Sul lato meridionale scorre il torrente Malone. Verso Nord le colline ai piedi del Monte Sepegna incoronano, in una conca naturale, il centro del paese. Rocca è montagna, Rocca è collina, Rocca è pianura.
Rocca è i suoi panorami, gli scorci di Canavese e di Piemonte ammirabili dalla Cappella della Madonna della Neve, quando c’è un po’ di venticello fresco, il venticello che si porta via l’inquinamento e lascia tutto trasparente, una visione cristallina.
Rocca è la sua gente, accogliente e sorridente, disponibile a chiacchierare, a raccontare, a vivere il paese. Rocca è la volontà di rilanciare l’area dove sorge un castello diroccato, distrutto dai “cugini” francesi, che hanno lasciato in piedi solo qualche mura perimetrale. Rocca è le sue bellezze e di bellezze ve ne sono molte, moltissime.
Il sindaco Alessandro Lajolo lo sa bene e ci sta lavorando su. «Questa è una realtà dove il turismo è poco praticato, ma in grande espansione - ci dice, prima di accompagnarci in un giro peraltro “turistico” della città -. Il mio impegno mira a convincere la grande metropoli a venire a visitare Rocca, i territori interni». Le potenzialità ci sono tutte.
In centro paese si trova la Cappella di Santa Croce. «Nasce come cappella signorile al servizio del padronale castello - racconta il sindaco -. La cappella era costituita da una navata a crociera, poi nel 1450 venne ampliata con la parte che oggi possiamo ammirare».
Nel corso dei secoli l’edificio ospitò numerosi pittori e artisti che decisero di lasciare traccia del proprio passaggio. «Oggi noi abbiamo grande cura di questo luogo, per noi un centro fondamentale dove fare cultura, un cuore pulsante della vita culturale rocchese».
Poco distante dal centro del paese, l’area delle rovine del castello. Oggi, dell’imponente costruzione, restano solo poche mura perimetrali. Alcune porzioni. «Del castello si trova traccia già nell’anno Mille - racconta Lajolo -. Purtroppo oggi possiamo vederne solo i resti a causa dei francesi che, in ritirata verso le Alpi dopo l’ultima battaglia persa a metà Settecento, saccheggiarono Rocca e demolirono totalmente il nostro Castello». Una decina di anni fa l’Amministrazione di Lajolo “senior” riuscì ad acquisire, da più privati, la proprietà totale del’area. Poi non s’è più fatto nulla. «Oggi però stiamo cercando di rivalutare il sito per utilizzarlo come punto di incontro, per momenti culturali, per cerimonie e celebrazioni».
Il gioiellino “rocchese” si trova però sull’altura del Monte Sepegna al confine con i Comuni di Levone e Forno Canavese: la cappella della Madonna della Neve.
«Il nostro Santuario di riferimento, la nostra icona - sorride Lajolo -. La chiesetta è stata costruita nel 1673 alla fine di un’epidemia di peste, tratto che ci ricolegga un po’ all’emergenza Covid... La costriurono le genti di Rocca e di Levone, per ringraziare la Madonna Della Neve della salvezza donata alle persone sopravvissute all’epidemia».
Piero Davito è titolare della Mated, azienda per attrezzature per l’edilizia e ferramenta fondata nel 1976 da suo padre e da suo zio, fratelli. «Rocca è un paesino tranquillo - dice -. Si sta bene, c’è aria buona, siamo a mezz’ora di macchina da Torino. Ci mancherebbe forse solo un po’ più di lavoro, per portare qui la gente da fuori, anche perché vedo purtroppo molti giovani che cercano di scappare da qui. Ma col sindaco che abbiamo adesso sono certo che la situazione migliorerà».
Carlo Cresto lavora al Bar Antica Posta, in centro paese, che la sua famiglia gestisce ormai da quattro generazioni. «Rocca è un bellissimo paese, è tranquillo, le persone sono molto socievoli, anche con chi arriva ad abitare qui - racconta -. Adesso anche grazie al nuovo sindaco stiamo cercando di valorizzarlo molto».
Massimo Perracchione è titolare della “Perracchione SAS” e direttore sportivo del team Young Bikers Franco Balmamion. La sua azienda nasce nel 1973 per volontà del padre e cresce nel corso degli anni. In più c’è l’attività sportiva della squadra di ciclismo nata 7 anni fa e che nel 2021 ha all’attivo un palmares di 13 vittorie e un campione regionale. «È bello vivere a Rocca perché non è cambiato molto negli ultimi 30 anni - dice -. Pedalano negli anni ‘80 tra Leini, Caselle e Volpiano, insomma nella prima cintura, quei paesaggi erano ben diversi, divisi dalle campagne. Oggi invece sono un tutt’uno per le zone industriali e residenziali che li legano. Rocca invece è rimasta un po’ come trent’anni fa, una chicca!».
I primi Signori di Rocca pare fossero Longobardi, discendenti di Autari, Rocca fece parte della Marca d’Ivrea, di cui era uno dei baluardi difensivi: il Malone costituiva il confine fra la Marca d’Ivrea e la Marca di Susa. Successivamente i Signori di questi luoghi appartennero ad un ramo cadetto dei primi conti del Canavese, dei quali furono vassalli. Più tardi passò sotto il dominio dei Conti di Biandrate, che si erano uniti ai Conti di Valperga, mediante matrimoni.
Verso la metà del XII secolo il Marchese del Monferrato invase le terre canavesane e perciò i Conti del Canavese per difendersi strinsero un’alleanza con i signori al di là dell’Orco e al di qua del Malone, dando vita alla Confederazione detta De Canapicio, che nel 1252 si ruppe in due tronconi: i Valpeghiani, che si dichiararono Ghibellini, alleati ai Marchesi del Monferrato e dei Conti di Biandrate (signori anche di Rocca), mentre i San Martino si dichiararono Guelfi, alleati ai Conti di Savoia ed ai Principi d’Acaja.
Durante il XIII sec. dopo una lunga guerra che terminò nel 1294, si stipulò un trattato di pace ed il 5 novembre 1295 diventò Signore della Rocca Amedeo Cavalieri, che ebbe, in cambio di altri feudi, quelli di Corio, Grosso e Rocca.
I successori di Amedeo nel 1307 fecero donazione del castello di Rocca al Principe Filippo di Savoja d’Acaja ed in cambio ricevettero un’infeudazione dei territori di Rocca, Corio e Levone, che governarono fino al 1309, quando a causa di un litigio il Principe d’Acaja espugnò il castello con le armi e nominò castellano Giorgio Provana.
Nel 1552 ancora una volta il castello venne gravemente danneggiato dai francesi e distrutto. Nel 1631 il castello venne riedificato in posizione sottostante al primo e più tardi passò sotto il dominio dei Savoia. Successivamente venne poi distrutto una seconda volta e mai più ricostruito.
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