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Cultura

A Paratissima anche i fotografi canavesani: i loro scatti raccontano l'esperienza del dolore

Il Circolo Culturale Ars et Labor di Cirié è arrivato al quinto anno di partecipazione

Uno degli scatti esposti

Uno degli scatti esposti

C'è pure un pezzo di Canavese a Paratissima, la grande festa dell'arte contemporanea che ha avuto luogo per sei giorni tra le mura della Cavallerizza Reale di Torino. In una delle sale dedicate agli espositori, infatti, ci sono gli scatti del circolo culturale ciriacese Ars et Labor.

Sei fotografia che rappresentano sei cicatrici su sei pelli diverse, quindi su sei persone diverse i cui corpi raccontano sei persone diverse. Le cicatrici qui diventano segni di qualcosa: elementi tangibili e visibili che narrano qualcosa, che rimandano a una dimensione immateriale che l'occhio della macchina fotografica tenta di catturare.

"Le cicatrici - si legge sulla didascalia posta accanto alle foto - sono la memoria delle battaglie umane: segni indelebili e unici, bassorilievi autentici di una vita vissuta. Nel loro essere ruvide, piene di dolore, amore e sentimento, le cicatrici possono riflettere una minuscola parte della vita di un uomo o avere, al contrario, una consistenza imponderabile".

Gli scatti esposti a Paratissima

E così lo storico circolo fotografico ciriacese, in pista del 1948 e che ogni anno organizza corsi fotografici di grande successo, ha deciso di omaggiarle "in sei lucidi scatti, sei dettagli di corpi enigmatici e senza volto, ma comunque intrisi di vita e specchio di identità forti e impenetrabili. Come un'impronta, ognuna racconta una storia irripetibile e irrinunciabile, testimonianza non di sopravvivenza ma di lotta, coraggio, debolezza, umanità".

"Queste foto sono parte di un progetto frutto del lavoro di tutto il circolo - ci spiega Giacomo Verzino, che siede nel direttivo del circolo -. Abbiamo un approccio di gruppo e forse questo ci differenzia un po' dagli altri espositori". Per l'Ars et Labor è il quinto anno di partecipazione a Paratissima, e quindi la quinta volta in cui il circolo risponde alla "Call" degli organizzatori.

"Abbiamo cercato di trovare - prosegue Verzino - delle persone più o meno vicine a noi che con questi segni avessero qualcosa da raccontare. L'idea di base è proprio questa, e cioè che il segno sulla pelle abbia un aspetto di indecifrabilità ma che al contempo racconta molto".

Le cicatrici raccontano l'esperienza del dolore

Quest'idea ha partorito sei scatti. "La scelta del tema delle cicatrici - dice ancora Verzino - è motivata dalla nostra adesione alla call di quest'anno, che come tutti gli anni indirizza in maniera abbastanza personalizzabile il tema da sviluppare". Quest'anno si parlava di identità, e che cosa c'è di più identitario di un segno sulla pelle?

Da qui l'idea del circolo di riadattare il lavoro fotografico sulle cicatrici, frutto di un'idea arrivata qualche anno fa, alle esigenze artistiche di questa edizione di Paratissima. "Ciò che ci identifica - riflette ancora Verzino - può essere qualcosa che al contempo ci unisce e ci differenzia dagli altri".

Forse è la lezione più importante che si può apprendere da questi scatti, con lo spettatore che si trova di fronte alla cicatrice ed empatizza col soggetto dello scatto in nome di quel senso del dolore che ci unisce tutti. Eppure ognuno di quei corpi è differente, e attraverso i segni che porta addosso recita una storia tutta particolare.

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