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Piemonte, sanità 2.0: medici in rete e cure condivise, ma c’è già chi parla di caos organizzativo

Dal primo gennaio, un nuovo modello di medicina di base promette un servizio continuo e integrato per i piemontesi.

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Piemonte, sanità 2.0: medici in rete e cure condivise, ma c’è già chi parla di caos organizzativo

Cosa succede quando la medicina di base si trasforma in una rete integrata di professionisti? In Piemonte, a partire dal primo gennaio, i cittadini potrebbero sperimentare una vera e propria rivoluzione nel modo in cui ricevono assistenza sanitaria. Ma quali sono le novità e le sfide che questo cambiamento comporta?

Il Piemonte si prepara a una riorganizzazione della medicina di base che promette di garantire un servizio continuo, sette giorni su sette, dalle 8 alle 20 nei giorni feriali. Questo nuovo modello, frutto di un accordo sindacale siglato lo scorso maggio, prevede la creazione di "aggregazioni funzionali territoriali" (AFT), gruppi di 20-22 medici di famiglia che gestiranno insieme tra i 20 e i 25 mila pazienti.

Roberto Venesia, segretario regionale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) Piemonte, spiega che questa struttura permetterà una condivisione informatica delle cartelle cliniche, migliorando così la qualità delle cure.

Tuttavia, il successo di questo ambizioso progetto dipende dalla capacità delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) di formalizzare il nuovo modello entro la fine dell'anno. Nonostante l'accordo sia stato firmato più di sei mesi fa, l'apparente immobilismo delle ASL preoccupa i medici di base, che temono di non avere il tempo necessario per organizzare i turni di lavoro e definire i dettagli operativi. "Da maggio a oggi avremmo potuto lavorare bene e senza correre", afferma Venesia, sottolineando l'urgenza di un coinvolgimento attivo delle ASL.

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La sfida dell'implementazione: benefici e opportunità

Il nuovo modello non solo promette di migliorare l'accesso alle cure, ma anche di potenziare la prevenzione e la gestione delle patologie croniche. Le AFT, infatti, potrebbero estendere la gestione integrata delle malattie, come già avviene per il diabete, ad altre condizioni croniche. Questo approccio permetterebbe di identificare e monitorare i pazienti ad alto rischio cardiovascolare, migliorando la prevenzione e riducendo il tasso di decessi tra le persone di età compresa tra i 40 e i 60 anni.

Nonostante le promesse, il sistema sanitario piemontese si trova di fronte a sfide significative. In un territorio dove servirebbero 4.000 medici di base ma ne sono presenti poco meno di 2.800, e dove mancano 2 pediatri su tre, la riorganizzazione appare come l'unica soluzione a breve e medio termine per garantire un servizio adeguato. Solo nell'area metropolitana di Torino mancano 200 medici, di cui 70 nella città stessa, e ne servirebbero altri 46 all'ASL TO3, 60 alla TO4 e 24 alla TO5.

La creazione delle AFT rappresenta un passo importante verso la medicina di iniziativa, un modello che punta sulla collaborazione tra medici e personale di studio per migliorare la gestione dei dati e dei pazienti. Questo potrebbe contribuire a decongestionare i pronto soccorso e ridurre le liste d'attesa, grazie alla diagnostica di primo livello. Tuttavia, il condizionale resta d'obbligo finché le ASL non si muoveranno con decisione per attuare il cambiamento.

In definitiva, la rivoluzione della medicina di base in Piemonte potrebbe segnare un nuovo capitolo nell'assistenza sanitaria regionale, ma il tempo stringe e le sfide non mancano. La speranza è che, con un impegno condiviso, si possa davvero migliorare la qualità delle cure per tutti i cittadini.

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