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Torino
25 Novembre 2025 - 22:00
Vi è stato un momento, durante la serata del Premio Pannunzio, in cui la Sala Cavour dello storico Ristorante Del Cambio sembrava trattenere il respiro. È stato quando Pier Franco Quaglieni, presidente del Centro Pannunzio, ha ripercorso la storia del riconoscimento fondato nel 1982 e ha ricordato Giovanni Spadolini, primo premiato. Poi ha alzato lo sguardo verso Anna Maria Bernardini de Pace, protagonista della serata, e ha scandito: “Quest’anno il Premio Pannunzio va all’avvocata Bernardini de Pace alla vigilia della Giornata contro la violenza sulle donne perché, nella sua lunga carriera, ha sempre difeso le donne e la loro dignità. Ancora oggi il suo studio è composto quasi esclusivamente da donne avvocate. È un segnale concreto, non retorico”. Parole che hanno incarnato l’essenza della serata: la celebrazione di una donna che ha tradotto la libertà in pratica quotidiana.
L’associazione torinese prende il nome dal giornalista e politico Mario Pannunzio, figura cardine del liberalismo italiano del Novecento. Direttore di Risorgimento Liberale e del leggendario settimanale Il Mondo, è stato anche tra i fondatori del Partito Liberale e poi del Partito Radicale. È in questo solco che si è inserita la cerimonia del 24 novembre, accompagnata dalle parole dello stesso Quaglieni – storico, saggista e uno dei più autorevoli esponenti della cultura liberale italiana – che da decenni guida il Centro con la ferma convinzione che il pensiero libero non debba mai arretrare.
Alle ore 20 si è aperto l’incontro conviviale, preludio alla manifestazione ufficiale registrata alle 22:00 da Radio Radicale. A dare il benvenuto è stata Anna Ricotti, direttrice del Centro Pannunzio di Torino, che ha ricordato come il premio rappresenti “una tradizione culturale che custodisce il valore del libero pensiero, senza compromessi”. Ha fatto seguito l’intervento di Michele Canonica, vicepresidente del Centro Pannunzio di Roma: “Il premio riconosce figure che hanno inciso nel dibattito pubblico senza piegarsi alle mode culturali. L’avvocata Bernardini de Pace è una di loro: una professionista che ha trasformato il diritto in un servizio civile”. Accanto a loro, l’avvocata torinese Anna Chiusano ha posto l’accento sul valore umano della premiata: “In un Paese in cui la fragilità familiare è spesso invisibile, il suo impegno ha dato voce a chi non ne aveva. Ha reso il diritto un ponte, non un muro”.
Anna Maria Bernardini de Pace, che si divide tra Milano, Roma, Padova, Bergamo, Napoli, Bari e Ameglia, è da decenni la professionista più nota nel campo del diritto della persona e delle relazioni familiari. La sua attività come avvocata, giornalista e scrittrice l’ha resa un punto di riferimento nel dibattito sui diritti civili. Presidente del Forum della Famiglia, membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere, spesso ospite nei talk televisivi dove unisce rigore e umanità, la premiata ha costruito una carriera che è stata, prima di tutto, un messaggio. Nel suo intervento, la Bernardini de Pace ha restituito con grazia la cifra del suo percorso: “Questo premio mi commuove perché non celebra la mia persona, ma il lavoro di tante donne che ogni giorno difendono la dignità e la libertà delle altre. Se c’è un merito, è collettivo”.
La scelta di consegnare il Premio Pannunzio alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne ha assunto un valore simbolico potente: non è stata un caso, ma un atto deliberato. Il Centro Pannunzio ha scelto di collegare una figura professionale di altissimo livello al tema cruciale della dignità femminile, radicandolo nella sua identità liberale. Quaglieni lo ha ribadito nel suo discorso conclusivo: “Il Centro Pannunzio premia chi incarna lo spirito libero, chi si afferma da sé. È la storia della nostra premiata. È la storia di tutte le donne che non hanno paura di rialzarsi”.
Quando la serata si è chiusa, è rimasta nell’aria la sensazione di una città che continua a credere nella cultura come strumento di libertà. Il Centro Pannunzio, con questo premio, ha ribadito una visione che non appartiene al passato, ma al futuro. Il Premio Pannunzio 2025 non è stato solo una targa o una celebrazione: è stato un racconto collettivo. È l’Italia che continua a cercare nella libertà - di pensiero, di parola, di difesa - il suo fondamento più solido. E la storia di Anna Maria Bernardini de Pace, ieri sera, ne ha rappresentato la prova più luminosa.
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