Omicidio colposo. E' questo il reato che accompagna il fascicolo di indagine aperto dalla procura di Torino sul caso della donna di 37 anni morta la scorsa settimana dopo un'interruzione volontaria di gravidanza con la pillola Ru486. Si tratta di una semplice ipotesi di lavoro: in questo momento non ci sono indagati e nemmeno sospettati. L'autopsia, su indicazione del pm Gianfranco Colace, è stata svolta oggi dal medico legale Roberto Testi e non ha prodotto chiarimenti significativi. Bisognerà aspettare l'esito dei test istologici e tossicologici, che saranno eseguiti nelle prossime settimane. Probabilmente saranno necessari meno dei sessanta giorni affidati allo specialista ma, in ogni caso, i tempi non saranno tanto celeri. L'inchiesta è alle prime battute. Oggi i carabinieri del Nas hanno visitato l'ospedale Martini per alcuni accertamenti: hanno acquisito la cartella clinica e ascoltato Flavio Carnino, primario di ginecologia, e Alessandro Lauricella, il medico che aveva in cura la donna. "Entrambi - spiega Paolo Simone, direttore sanitario dell'Asl 1 - hanno risposto alle domande con tranquillità". Quanto all'autopsia, Simone conferma che "non sono emerse risultanze macroscopiche rilevanti". "Aspettiamo gli approfondimenti - conclude - e restiamo a disposizione: vogliamo continuare a collaborare con la magistratura e speriamo anche noi di sapere al più presto i motivi di questo decesso". "Purtroppo in gravidanza non esiste rischio zero", interviene il ginecologo Silvio Viale, a Torino, che della pillola Ru486 è stato il pioniere: fu lui, nel 2005, il primo ad avviare la sperimentazione in Italia. La donna, qualche ora dopo la seconda somministrazione, ha accusato difficoltà respiratorie e, nel corso della giornata, dieci arresti cardiaci. Impossibile, almeno per ora, stabilire se ci sono stati legami di causa. Secondo Viale, anche se fosse stato utilizzato un farmaco come il Methergin, "uno spasmo dell'arteria coronarica e un infarto sono considerati eventi 'molto rari', con frequenza inferiore a uno su diecimila casi, e in medicina gli eventi 'molto rari' non comportano alcuna misura preventiva. Sono da considerare fatalità". Viale conferma "la più incondizionata solidarietà ai colleghi del Martini. Sarebbe potuto accadere con qualunque ginecologo".
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