Cerca

Vercelli: Mancuso e gli altri

Quando la politica si riduce a caso umano

Quelli che vanno nelle sedi decisionali pubbliche a raccontare «la propria esperienza» (soprattutto ad uso dei social). Finirà che per stanziare i fondi per gli invalidi bisognerà portare in aula un paralitico

Quando la politica si riduce a caso umano

Gustave Caillebotte, Jeune homme à sa fenêtre, 1876

VERCELLI. Il fatto, in sé, è poca cosa. Nell'ultima seduta del 2024, poco prima di Natale, il Consiglio comunale di Vercelli ha discusso e approvato il Documento Unico di Programmazione 2025-2027; nell'occasione le minoranze hanno presentato emendamenti che – come accade quasi sempre – sono stati bocciati dalla maggioranza.
Uno degli emendamenti presentati dal Partito Democratico e dalla Lista Bagnasco, gruppi di opposizione, aveva quale primo firmatario il consigliere 22enne Marco Mancuso; proponeva, tra l'altro, di aggiungere al Documento, nella sezione “Politiche giovanili”, un paragrafo sull'“attivazione di campagne di sensibilizzazione”, “accompagnate dall'organizzazione di eventi e dall'offerta di strumenti concreti”, a fronte del “crescente disagio psicologico tra i giovani”: Vercelli, secondo i firmatari, potrebbe “distinguersi per l'attenzione alla salute mentale, creando un ambiente di studio e di vita più sereno e stimolante”.

Non è certo questa – un articolo di giornale, scritto oltretutto da uno che ha studiato in varie Università trovando a Vercelli, rispetto ad altri atenei che ha frequentato, un ambiente sereno e stimolante – la sede per discettare sul “crescente disagio psicologico” dei giovani vercellesi (o non vercellesi che studiano in questa città), né su quali possano essere i più efficaci “strumenti concreti” messi in campo dal Comune per fronteggiarlo. Ci sarebbe forse da porsi una domanda, più generale, a monte: perché, pur avendo i giovani del XXI secolo molti più strumenti e capacità e opportunità e ampiezza di orizzonti rispetto ai loro coetanei della seconda metà del Novecento e dei secoli precedenti (sebbene ad alcuni possa apparire strano... si studiava anche allora, e il peso delle aspettative c'è sempre stato), perché nonostante tutto ciò oggi il malessere psicologico è così tanto diffuso?
Non è questo, comunque, il punto, perlomeno in un Consiglio comunale.

I punti principali della vicenda sono due: cosa ha detto il giovane Mancuso nell'aula consiliare, e cosa è accaduto nei giorni successivi. Visto che buttava male (l'emendamento rischiava di non passare, e comunque alla fine non è passato: 9 favorevoli, 16 contrari, 8 assenti; risultato zero, anche se nessuno lo scrive), il consigliere ha preso la parola e si è lanciato in un accorato intervento per esortare le istituzioni – in questo caso il Comune – ad occuparsi del disagio psicologico giovanile; e per dare ancora più forza alla sua perorazione ha utilizzato l'antico e sempre efficace espediente retorico della mozione degli affetti, inserendo nel suo discorso un toccante episodio biografico: anch'io, ha detto, qualche anno fa da studente liceale ho tentato il suicidio, ero già sul cornicione della finestra di camera mia quando è arrivata mia madre e mi ha tirato dentro.
Grande e sincero afflato ma con risultato nullo, si diceva, perché l'emendamento è stato comunque bocciato, e Mancuso ha incassato soltanto un generico impegno di sindaco e assessora ad occuparsi, prossimamente, anche di disagio psicologico giovanile.

Ma non è finita qui: siccome il Consiglio comunale in streaming lo guardano solo i quattro gatti che vi sono costretti, e siccome Mancuso è un abile utilizzatore dei social, non appena la registrazione video della seduta è stata disponibile sul sito del Comune ne ha estratto il frammento con il suo intervento, nella parte in cui accenna al tentativo di suicidio, e l'ha postato sui social. E siccome – non solo a Vercelli, purtroppo – i giornalisti che seguono i Consigli comunali poco capiscono di vita amministrativa (esattamente come i loro lettori) ma molto sono attratti dai casi umani, eccoli tutti a “pompare” l'episodio del “giovane consigliere comunale che coraggiosamente in aula parla della sua esperienza personale”: e così – ricopio, testuale: certi colleghi si esaltano con poco – “il video diventa virale” su Instagram, “scuote l'Italia” (nientemeno), e “di questa appassionata, forte testimonianza si parlerà ovunque nel nostro Paese”.

L'episodio vercellese ha un precedente, simile, accaduto nel novembre scorso a Genova: dove una consigliera comunale, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, è intervenuta in aula e ha raccontato pubblicamente per la prima volta di essere stata stuprata da un amico di famiglia quando aveva 12 anni. «Raccontando quello che ho subito – ha poi dichiarato – ho voluto togliere apatia e mettere empatia, usare la mia storia come atto politico».

Ora: il fatto che le istituzioni – dai Consigli comunali al Parlamento – debbano occuparsi (anche) del disagio psicologico giovanile, della violenza sulle donne e, più in generale, della tutela dei cittadini più fragili dovrebbe essere ormai, dopo quasi ottant'anni di Repubblica, un dato acquisito. Nei pubblici consessi si discute – e magari ci si divide – su quali siano gli strumenti più adatti per affrontare questi problemi, ma nessuno mette in dubbio che esistano e che la politica debba dare delle risposte. Ma perché allora, ogni volta che questi temi sono all'ordine del giorno, salta fuori uno/a che ritiene necessario portare la propria esperienza personale? Per poi magari – come nel caso di Mancuso – condividerla sui social per renderla “virale”? E' davvero necessario? Serve a rendere più incisiva la perorazione in sede politica (obiettivo che Mancuso ha mancato: non ne ha convinto uno di più) o serve soprattutto ad andare sui social a prendere like e cuoricini per aumentare l'autostima e la gratificazione personale?

La questione è davvero ampia, e si estende anche alla scelta dei candidati alle elezioni. Un tempo, quando esisteva la politica, i partiti candidavano le persone in forza della loro preparazione, dei loro studi, dei loro curricula, dell'impegno di lunga data nell'organizzazione, della loro capacità di analisi dei problemi, della loro conoscenza del quadro normativo da (eventualmente) modificare. Negli ultimi anni si sono invece moltiplicate le candidature dei testimonial, quando non addirittura dei casi umani. Si cerca il "fenomeno": quello che è stato in tv, quello che ha fatto (o subìto) qualcosa di eclatante, quello noto anche ai più distratti. Per dimostrare all'elettorato che «il nostro partito è sensibile al tema della sicurezza sul lavoro» si candida l'operaio sopravvissuto all'incendio della ThyssenKrupp; per mostrare attenzione al tema della violenza sulle donne si candida l'avvocata sfregiata con l'acido dall'ex fidanzato. E così via: in lista quello che ha avuto un parente vittima della strada, quello che pagava il pizzo alla mafia ma ha avuto il coraggio di parlare, quella arrestata all'estero e portata in tribunale in ceppi, quella che ha avuto il fratello ammazzato di botte in carcere, quella che è vittima di revenge porn, eccetera. Quasi come se, per legiferare – o anche solo per comporre un bilancio comunale – con attenzione a questi temi fosse necessaria la presenza in aula del caso umano, di “quello/a che c'è passato”, presupponendo che tutti gli altri – quelli non bullizzati da piccoli, quelle non violentate da adolescenti, quelli che non hanno avuto incidenti sul lavoro – siano incapaci di scrivere leggi e provvedimenti efficaci. Di questo passo, portando all'estremo il concetto, per fare buone leggi sull'invalidità dovremmo avere in aula sempre almeno un paralitico, perché evidentemente i normodotati non ne sono in grado.
Come dice Mancuso ai suoi colleghi consiglieri comunali: «io ho 22 anni e non accetto lezioni da nessuno su questo tema, perché nessuno può sapere cosa significa trovarsi su un cornicione, guardare il vuoto e pensare che la vita non abbia più senso». E lo dice con il tono saccente da “io so cosa significa, voi non ne sapete un ca..o”: affermando la prevalenza della storia personale sulla storia politica, “il mio problema che solo io capisco e gli altri qui dentro no”. E così, dallo sguardo ampio e alto dei “cavalli di razza” di democristiana memoria o degli statisti di tutti i partiti che con senso dello Stato e guardando all'interesse generale hanno costruito questo Paese, stiamo scivolando sempre di più – perché è questo che l'elettorato contemporaneo vuole: il testimonial – verso la corte dei miracoli: il problema esiste, e dovete occuparvene, perché ce l'ho avuto io. Il dato autobiografico utilizzato al massimo grado della mozione degli affetti.

E' questo, oggettivamente, lo Zeitgeist di questo tempo sbandato: non solo la personalizzazione della politica, ma addirittura l'autoesaltazione del caso umano, ormai unico modo per tentare di attirare – per qualche minuto, sullo schermo dello smartphone, prima che scrollino e passino ad altro – l'attenzione degli elettori.

Brecht faceva dire a Galileo «sventurata la terra che ha bisogno di eroi», Qui, più modestamente, si potrebbe dire: fortunato quel Consiglio comunale – o quel Parlamento, se ci vogliamo allargare – che riesce a deliberare o a legiferare tenendo presente l'interesse generale, e soprattutto le esigenze dei più deboli, senza aver bisogno di membri che vadano in aula a narrare la loro disgraziata esperienza personale. Membri che poi magari, siccome i lavori d'aula non li segue più nessuno, la postano (in forma di breve video: leggere, per un certo tipo di pubblico, è già troppo difficile) sui social per ricevere tanti like e cuoricini, e il loro quarto d'ora di celebrità se lo conquistano dicendo che a 22 anni non accettano lezioni da nessuno e raccontando di quella volta che hanno pensato di buttarsi dalla finestra.

Una delle prime cose da fare, a costo zero, per alleviare il disagio psicologico giovanile sarebbe forse quella di evitare di passare buona parte della giornata a guardare le stories su Instagram o comunque a spippolare sui social, sostituendo tale occupazione con la lettura di qualche buon libro. Ma senza Instagram l'autopromozione di Mancuso non avrebbe funzionato, e non staremmo qui a parlarne.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori