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21 Febbraio 2017 - 15:06
tribunale
Per risolvere il problema della lentezza dei processi e soprattutto dell'intasamento delle Corti d'appello in tutta Italia "serve una riforma radicale da parte del legislatore, perché le soluzioni parziali non bastano e non possiamo continuare così". E' quanto afferma il procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo.
"Al presidente della Corte d'appello di Torino Arturo Soprano - osserva - bisogna dare atto che è intervenuto in maniera energica, affrontando di petto una situazione spaventosa. Ha disposto una ricognizione dei fascicoli giacenti, il cui numero supera le ventimila unità, e ha organizzato le sezioni in modo che finalmente potessero essere trattati. Il paradosso è che se il processo per violenza sessuale si è prescritto dopo vent'anni è perché, dopo essere rimasto a lungo in un armadio, è potuto arrivare in aula".
"Ma questo - spiega ancora il magistrato - è un fenomeno nazionale. Nel 2003 i fascicoli pendenti in tutte le Corti italiane erano 130.395, nel 2016 sono saliti a 268 mila. E' un problema di procedura: se oggi l'arretrato di una Corte fosse pari a zero, fra tre anni sarebbe nuovamente mostruoso". "Oggi come oggi - aggiunge - l'imputato appella per avere una riduzione di pena di un mese, o per modificare il formato di un assoluzione. Le garanzie vanno rispettate. Ma l'appello è diventato il collo di bottiglia del processo, il punto in cui la procedura si inceppa. Non si può continuare così".
Una delle proposte di Saluzzo è di abolire il cosiddetto "divieto di riforma peggiorativa": oggi la condanna non può aumentare se è solo l'imputato a ricorrere in appello. "Questo - dice - permette delle impugnazioni che hanno come unico obiettivo quello di allungare i tempi. Ho ordinato ai miei sostituti, quando vedono casi del genere, di ricorrere a loro volta. Ma è il legislatore che deve intervenire".
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