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02 Maggio 2016 - 18:41
sanità
Il più grande studio mai realizzato su pazienti con tumore testicolare in stadio iniziale (II) dimostra la maggior efficacia della radioterapia rispetto alla chemioterapia. I risultati sono stati presentati oggi a Torino al 35/o Congresso Estro (Società Europea di Radioterapia Oncologica). La ricerca, condotta da Sushil Beriwal, professore associato di radioterapia all'Università di Pittsbirgh, è stata effettuata su 2.437 pazienti con seminoma testicolare in stadio II, in cui uno o più linfonodi regionali sono coinvolti dalla malattia, ma con diametro inferiore ai 2 cm.
I ricercatori hanno scoperto che il 99% dei pazienti con malattia IIa erano vivi dopo cinque anni se trattati con radioterapia, rispetto al 93% di coloro trattati con la chemioterapia. Per i pazienti con malattia IIb, la sopravvivenza globale a cinque anni è stata del 95% per quelli trattati con radioterapia e 92% per quelli trattati con chemioterapia.
Questi risultati, presentati alla conferenza Estro e pubblicate simultaneamente in Clinical Oncology, sono importanti perché, fino ad ora, non erano disponibili molte evidenze su quale trattamento fosse più efficace per il seminoma testicolare, e negli anni si è assistito alla tendenza a una graduale riduzione delle indicazioni di radioterapia, in favore della chemioterapia, per il trattamento di pazienti in stadio IIa-b.
Un gruppo di ricercatori ha scoperto come l'utilizzo di una particolare forma di radioterapia, quella stereotassica impiegata per la cura dei tumori del polmone in stadio iniziale, possa essere associata a un incremento, seppur modesto, della mortalità per altre cause non correlate al tumore, qualora la dose di radiazioni ricevuta dal cuore sia elevata. In particolare, alte dosi di radiazioni all'atrio sinistro e alla vena cava superiore sembrano essere correlate con un'aumentata mortalità.
Barbara Stam, del Netherlands Cancer Institute di Amsterdam (Olanda) ha presentato oggi a Torino, al 3/o Congresso della Società Europea di Radioterapia e Oncologia (Estro), i risultati dello studio. La finalità - ha detto - è esplorare nuove tecniche radioterapiche che consentano di risparmiare al meglio le strutture cardiache. "Abbiamo scoperto - ha detto Stam - che la dose ricevuta dalle strutture cardiache era correlata al rischio di morte, in particolare quella ricevuta dall'atrio sinistro e dalla vena cava superiore. I pazienti che hanno ricevuto dosi più alte a queste strutture erano a maggior rischio, e viceversa. L'associazione è rimasta significativa anche dopo aver compensato statisticamente per gli altri fattori di rischio". L'incremento di rischio correlato alla dose è comunque modesto, pari a un incremento dell'1.5% per Gray (unità di misura della dose assorbita in radioterapia).
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