Da una parte ci sono i consiglieri regionali (nove) che meritano di essere assolti perché, salvo qualche scusabile 'peccatuccio', spendevano solo nell'ambito della loro attività politica e istituzionale. Dall'altra ci sono quelli ancora sotto processo (ventiquattro) perché devono chiarire tanti aspetti: è il caso, per esempio, di chi ha portato a rimborso - il particolare è emerso nel corso dell'udienza di oggi - lo scontrino di un acquisto di assorbenti intimi per le donne del suo staff. La Rimborsopoli del Piemonte sta procedendo su questo doppio binario. Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui il gup Daniela Rispoli ha assolto nove consiglieri della passata legislatura, in prevalenza di centrosinistra, fra cui Davide Gariglio, segretario regionale del Pd, e due assessori della giunta Chiamparino, Aldo Reschigna e Monica Cerutti. La giudice è molto chiara. Le "spese di rappresentanza" (come i regali di lusso o le cene) sono lecite se hanno l'obiettivo di "aumentare il prestigio" del gruppo consiliare: non lo sono, invece, se il consigliere spende e spande per se stesso. I nove assolti hanno documentato gli esborsi e, soprattutto, li hanno inquadrati in un contesto di "attività coerenti con la loro funzione". Ci sono stati errori nella richiesta di rimborso ("le sigarette o la consumazione di un gelato") ed episodi caratterizzati da "scarsa ponderazione se non leggerezza" ma, nel complesso, sono del tutto marginali "nel complesso di una gestione oculata dei fondi". Oggi è anche ripreso in tribunale, a Torino, il processo ai ventiquattro imputati di peculato. Dove sono rimbombate le parole di una collaboratrice di un "monogruppo" (formato cioè da un solo consigliere): "I 5 euro dal fruttivendolo? Dovevamo mangiare. I biglietti per la partita della Juve? Erano per un collega che ci teneva tanto. La toga regalata all'avvocato? Ci aveva fatto delle consulenze gratuite". Un militare della guardia di finanza, oltre a precisare che un altro politico prelevò dal conto corrente del gruppo più denari di quelli previsti dalla richiesta di rimborso, ha illustrato gli esiti dei controlli sui telefonini: molti consiglieri erano altrove (addirittura in un'altra regione) nel momento in cui, come documentano gli scontrini, risultava che avessero speso dei soldi da qualche parte. Al governatore Roberto Cota è capitato 115 volte. Ma il suo legale, Guido Alleva, ha sollevato un problema: "Può darsi che si trattasse di esborsi sostenuti lecitamente dai suoi collaboratori o da altri. Avete controllato anche i loro telefonini?". "No", è stata la risposta. Alcune questioni sono ancora aperte. I conti relativi al gruppo del consigliere Michele Giovine (Pensionati per Cota) andranno rifatti. E le difese annunciano di voler giocare una carta: non è detto che per ogni scontrino presentato sia stato effettivamente elargito un rimborso.
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