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20 Agosto 2025 - 17:32
Il macaone nei cieli di Torino: guida pratica a una regina della biodiversità
Con i suoi sette-otto centimetri di apertura alare, il giallo acceso solcato da venature nere e la coda a rondine che ricorda un arabesco, il macaone (Papilio machaon) è molto più di una farfalla: è un frammento di natura che riesce a catturare l’attenzione anche di chi passeggia distrattamente lungo un viale cittadino. A Torino come nelle colline del Monferrato, nelle risaie vercellesi e nelle valli alpine, il suo volo planato ed elegante è ormai un’immagine familiare, eppure mai scontata.
Chiunque l’abbia incontrato sa che non si tratta di una presenza come le altre. Se molte farfalle si muovono in modo rapido e disordinato, il macaone compie ampie planate, quasi regali, che lo rendono riconoscibile anche da lontano. Sorvolare una siepe di rosmarino o fermarsi su un cespuglio di lavanda diventa, per questo lepidottero, un gesto naturale e per l’osservatore un piccolo spettacolo quotidiano. Non è un caso che sia considerato uno dei lepidotteri più spettacolari d’Europa. Le sfumature blu elettrico sulle ali posteriori, unite al rosso degli ocelli e al giallo brillante, ne fanno un vero e proprio capolavoro dell’evoluzione naturale.
Negli ultimi anni la sua presenza costante nei parchi urbani di Torino ha sorpreso naturalisti e cittadini. Vederlo librarsi sopra ai giardini pubblici o lungo i viali alberati dimostra come anche nelle aree metropolitane possano trovare spazio corridoi ecologici capaci di ospitare una biodiversità più ricca di quanto si pensi. Il macaone ama gli spazi aperti e soleggiati, e il Piemonte gliene offre in abbondanza. Da maggio a settembre, nelle ore più calde delle giornate serene, è possibile osservarlo in ambienti molto diversi: nei parchi cittadini, sulle colline, nelle valli alpine e persino nelle risaie, a dimostrazione di una notevole capacità di adattamento.
Non occorre vivere in montagna per ospitare un macaone: bastano pochi accorgimenti. Gli adulti si nutrono di nettare e prediligono piante come lavanda, buddleja, origano e rosmarino. Le femmine, per deporre le uova, cercano invece le ombrellifere: carota, finocchio, prezzemolo e aneto. Un balcone con qualche vaso di erbe aromatiche può trasformarsi in una vera e propria stazione di sosta per questi viaggiatori alati. Un gesto minimo che moltiplica la biodiversità urbana, avvicinando l’esperienza naturale anche a chi vive in contesti fortemente urbanizzati.
Prima di diventare farfalla, il macaone attraversa la fase di bruco, forse la più spettacolare dal punto di vista visivo. Verde brillante, attraversato da strisce nere e puntini arancioni, il bruco sembra indossare un abito da gala. Ma dietro l’apparenza estetica si nasconde una strategia difensiva ingegnosa. In caso di minaccia, l’animale estrae un piccolo organo retrattile arancione, l’osmeterio, che ricorda due corna e diffonde un odore pungente. Questo sistema, capace di scoraggiare ragni, uccelli e altri predatori, racconta la sorprendente creatività dell’evoluzione.
Il macaone non è solo una meraviglia per gli occhi, ma anche un bioindicatore. La sua presenza testimonia che un ambiente è abbastanza sano da garantire nutrimento e rifugio a una catena complessa di organismi. Dove vola il macaone, in genere, l’ecosistema sta meglio. Per questo naturalisti e associazioni ambientaliste sottolineano l’importanza di favorire le piante amiche della fauna impollinatrice, anche in città. Non è retorica ambientalista: significa arricchire il contesto urbano di connessioni vitali, favorendo il ritorno di farfalle, api e altri insetti essenziali per la catena ecologica.
Torino, come molte altre città piemontesi, può vantare una discreta popolazione di macaoni. Sta ai cittadini consolidare questo patrimonio. Aumentare le aree verdi, inserire più fiori e aromi su balconi e cortili, garantire corridoi ecologici tra i parchi e rispettare i cicli naturali sono azioni che hanno un impatto diretto sulla sopravvivenza della specie. Gli effetti sono immediati: un quartiere fiorito non solo diventa più piacevole per chi ci abita, ma si trasforma in un habitat condiviso in cui il macaone torna a disegnare le sue traiettorie leggere. È un patto semplice, quasi invisibile, ma che rende la città più vivibile per tutti, umani e insetti compresi.
Osservare un macaone non significa soltanto ammirarne la bellezza, ma cogliere un messaggio implicito. La sua capacità di adattarsi a spazi agricoli, urbani e alpini dimostra che la biodiversità può convivere con l’uomo, purché le venga lasciato spazio. La sua diffusione crescente a Torino e in Piemonte è quindi una buona notizia, un segno che qualcosa di positivo si muove. Ma resta una responsabilità: garantire che il macaone continui a volare sopra le nostre teste significa prendersi cura dei corridoi ecologici e delle piccole azioni quotidiane che sostengono la biodiversità.
Il macaone, con la sua eleganza inconfondibile, diventa così un simbolo silenzioso del rapporto tra città e natura. Una farfalla che ricorda come la qualità della vita urbana e la salute dell’ambiente non siano mai due percorsi separati. Non a caso, nella cultura popolare piemontese, questo lepidottero è stato spesso citato nei proverbi contadini legati ai cicli delle stagioni. Nel XIX secolo naturalisti e pittori locali, come gli illustratori delle tavole botaniche diffuse tra Torino e il Monferrato, lo raffiguravano come esempio di perfezione estetica della natura alpina. In alcuni dialetti della pianura lo si chiamava “cavàl ëd l’aria”, cavallo dell’aria, proprio per il suo volo potente e maestoso. Un nome che testimonia come da secoli il macaone non sia solo un insetto da osservare, ma una presenza capace di ispirare immaginario e poesia.
Oggi, in un contesto urbano che spesso dimentica la dimensione naturale, il ritorno del macaone tra i palazzi di Torino assume un valore ancora più forte. È la dimostrazione che la biodiversità non appartiene solo ai boschi remoti, ma può sopravvivere anche accanto a noi, se sappiamo darle spazio e rispetto. Questa farfalla ci ricorda, con la leggerezza del suo volo, che la bellezza della natura è fragile e che la sua tutela è una responsabilità condivisa.
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