Quanto successo ieri sera all’Ospedale di Ivrea deve farci riflettere seriamente sul nostro Servizio Sanitario. In generale non è accettabile, per di più in un a fase pandemica come stiamo vivendo, che l’impianto per la produzione dell’ossigeno vada in tilt.L’Ospedale di Ivrea è stato in passato un fiore all’occhiello della sanità piemontese ma parliamo pur sempre di una struttura nata negli anno ’50 e che andrebbe ricostruita da zero e in zona più accessibile. In ogni caso quanto successo ci indica la triste situazione del sistema sanitario italiano, un sistema che in passato era tra i più efficienti d’Europa, nel rispetto dell’art. 32 della Costituzione che si fonda sulla logica di un Servizio Universale, fondato sulla gratuità. Oggi è bene sottolinearlo, è cambiato tutto con le successive riforme che hanno portato ad una logica Aziendalistica della Sanità, confinando il ruolo dell’Accademia Medica ad ancella di un sistema aziendale fatto per rendere accessibili i costi ma che poi ha riversato sui cittadini una marea di balzelli che hanno trasformato lo stesso da paziente a “cliente”. Queste riforme hanno significato l’introduzione del profitto aziendale in un Servizio che era assolutamente universale e gratuito. In buona sostanza, il malato è un “cliente”. L’aziendalizzazione, con la figura principe del Direttore Generale, ha spostato i rapporti di forza dall’Università alla decisione manageriale. In pratica, a causa della devoluzione della Sanità alle Regioni mediante l’art. 117 del Titolo V della Costituzione, ogni Regione destina alla Salute dal 76 all’82% del suo PIL regionale. Eppure i risultati sono così scadenti che molte Regioni sono dovute andare in Piano di rientro e ancora non ne sono uscite non avendo aggiustato i bilanci. Saremo in grado approfittando della fase pandemica e delle risorse che la stessa Unione Europea metterà in campo di riformare il nostro sistema sanitario? Difficile rispondere ma certamente lo si potrà fare se si avrà il coraggio di mettere mano alla sua attuale organizzazione. Per salvare il sistema sanitario bisognerebbe prima di tutto aumentare, fino quasi a raddoppiare, la spesa sanitaria (in Germania per esempio la spesa sanitaria procapite e il doppio di quella italiana). Per chiudere queste riflessioni si può dire che la cosidetta devolution sanitaria non ha funzionato: è stata fonte di gravi disuguaglianze nel suo piccolo, il Nord e Sud Italia riproducono il divario sanitario fra Nord e Sud del mondo. La devolution ha determinato varietà di approcci e spesso inefficienze, in alcuni casi ha moltiplicato le possibilità di corruzione. La regionalizzazione della salute non è adatta a gestire le complessità inerenti alla produzione di salute. Tanto meno ad affrontare un’epidemia, come abbiamo visto nelle prime fasi della crisi sanitaria. Perciò è indispensabile rimuovere una volta per tutte le proposte sulla autonomia differenziata, che si sono fatte strada in questi anni, se l’Italia intende seriamente prepararsi alle condizioni di emergenza che incombono sul nostro paese più che altrove in Europa. Tra i cittadini si sta diffondendo una nuova consapevolezza che dovrà sollecitare i decisori politici a ridisegnare un sistema paese più forte, più giusto. Un’Europa più forte, perché più giusta. Nella sua tragica manifestazione, il silenzioso e invadente Coronavirus può essere da questo punto di vista una chance.
GIORGIO FRANCOSEGRETARIO ART. 1 . IVREA E CANAVESE
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