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Il ricordo
17 Luglio 2023 - 17:06
Mons. Luigi Bettazzi con il vescovo Marco Arnolfo a Vercelli nel febbraio scorso
Monsignor Luigi Bettazzi è sempre stato molto legato all’arcidiocesi di Vercelli, sia per ragioni biografiche che di amicizia con sacerdoti che all’ombra della cattedrale eusebiana hanno vissuto e operato.
Nel 1963 Bettazzi, non ancora quarantenne, venne nominato da papa Paolo VI vescovo titolare di Tagaste e vescovo ausiliare di Bologna; con questo incarico partecipò, a fianco del card. Giacomo Lercaro titolare della diocesi felsinea, a tre sessioni del Concilio Vaticano II; al termine delle assise, nell’autunno del 1966, Paolo VI decise di nominare mons. Albino Mensa – allora vescovo di Ivrea – nuovo arcivescovo di Vercelli. A sostituirlo alla guida della diocesi eporediese chiamò Bettazzi, che ne prese possesso nel gennaio 1967 e la resse per più di trent’anni, fino al 1999 quando presentò la rinuncia per raggiunti limiti di età. Quale vescovo emerito si ritirò allora - e vi è rimasto fino all’ultimo giorno - al castello di Albiano d’Ivrea, che dieci anni prima aveva affidato alla Fraternità del Cisv per farne un centro di accoglienza per immigrati, e che oggi ospita donne e bambini profughi dall’Ucraina.
Residenza, quella di Albiano, in cui nell’ultimo quarto di secolo ha continuato a scrivere e a studiare, e da cui si è sovente allontanato per partecipare a conferenze e incontri. Anche a Vercelli: l’ultima sua venuta in città risale al 25 febbraio scorso, al convegno “Per una teologia della pace” organizzato dal Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale) in Seminario nell’ambito della rassegna “Testimoni del futuro per nutrire la speranza”.
Monsignor Bettazzi in montagna nel 1967
A Vercelli mons. Bettazzi era venuto anche l’anno prima, il 28 maggio 2022, sempre in occasione di un convegno del Meic, sul tema “Sulle ali del cambiamento, il ruolo delle religioni in un mondo diviso: funzionali ai conflitti o decisivi flussi d’amore?”. Nel suo intervento aveva insistito su due punti: il primo, «la pace come cammino di unità nonostante le differenze»; il secondo, «ripartire dall’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII del 1963, rivolta non solo ai cristiani e destinata a rafforzare la natura umana. La tendenza attuale – aveva detto – è quella di centrare tuto sull’io, il singolo, il gruppo, la nazione, il dominio sugli altri; da qui scaturisce la violenza. Invece dobbiamo riconoscere che il mondo è più grande di noi ed è inserito nel noi. Se l’uso della ragione è aperto a Dio e agli altri, le religioni ci indicano la via dei figli di Dio e di essere fratelli tra noi; questo vale non solo per i cristiani. Mi piace citare la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” dell’Onu del 1948: dirito alla vita, alla salute, alla famiglia, alla socialità. Qualcuno ha commentato: è il Vangelo dell’Onu».
Uno dei fondatori del Meic vercellese e a lungo, fino alla morte nel 2017, suo assistente ecclesiale, è stato don Cesare Massa, parroco della chiesa di San Michele a Vercelli, amico e collaboratore di Bettazzi. «Quando fui nominato presidente di Pax Christi Italia – lo ricordava, poco tempo fa, il vescovo emerito di Ivrea – lo trovai nel piccolo numero di membri col desiderio di dar vita ad una apertura della sezione italiana; Massa era con noi quando, nell’autunno del 1968, a Bergamo nella canonica di don Cesare Bonicelli si decise di iniziare l’anno con una “Marcia della pace” (e la prima, in quel 31 dicembre 1968, fu da Sotto il Monte – dove parlò padre Turoldo – a Bergamo, con la messa di mezzanotte presieduta dal vescovo Gaddi). Personalmente avevo mantenuto il contatto con lui, partecipe della spiritualità Jesus Caritas, con una casa nel Biellese, a Bose di Magnano, poi divenuta sede della Comunità fondata da Enzo Bianchi».
Anche nel maggio 2021 mons. Bettazzi era venuto in provincia di Vercelli: non nel capoluogo ma a Varallo, in occasione della Festa dell’Incoronata, patrona della città e della Valsesia, e aveva presieduto la messa nella collegiata di San Gaudenzio. In quella circostanza Mario Soster, socio del Cai di Varallo, naturalista e fotografo, lo incontrò in sacrestia e ricorda: «Il 5 agosto 1992, festa della Madonna dei ghiacciai alla Capanna Gnifetti, nel 25° anniversario della Cappella più alta d’Europa, con don Giuseppe Capra tornò alla Gnifetti il vescovo di Ivrea, mons. Luigi Bettazzi, che l’aveva inaugurata il 5 agosto 1967. La chiesetta della Madonna dei ghiacciai nacque per ricordare don Aristide Vesco, professore di storia e filosofia al liceo Valsalice di Torino, scrittore, giornalista, direttore editoriale della S.E.I., educatore ai valori cristiani, sociali e della montagna. Fu disegnata dall’architetto don Franco Delpiano, ed eretta da un gruppo di studenti torinesi in memoria del loro educatore e padre spirituale perito tragicamente nel luglio 1966 durante un’ascensione sul monte Ciampono, una propaggine del Corno Bianco sul versante di Gressoney. Il 5 agosto 1967 mons. Bettazzi concelebrò la messa con il prevosto di Varallo, don Ercole Scolari, il parroco di Gressoney, don Brunodet, l’Ispettore dei Salesiani don Amedeo Verdecchia ed il rappresentante della Casa di Valsalice. Mons. Bettazzi, dopo aver sottolineato il valore e il significato della cerimonia, che coincideva con la festa della Madonna della Neve, ricordò don Vesco e tutti i caduti in montagna. All’offertorio fu consegnata la statuetta della Madonna dei ghiacciai, donata alla Capanna Gnifetti nel 1960, in occasione dell’ascensione delle cento donne sul Rosa, dall’allora arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, poi divenuto Papa con il nome di Paolo VI. Mons. Bettazzi - ricorda ancora Soster - è una persona gioviale, di grande spirito: ricordo che alla Gnifetti, a quota 3647 metri, disse che il medico gli aveva proibito di salire a quote superiori ai 3000. Quel giorno manifestò il desiderio di salire al Cristo delle Vette, sulla cima della Balmenhorn, e io acconsentii ad accompagnarlo, con due Finanzieri di Alagna, che, pensai, avrebbero potuto aiutarmi in caso di problemi dovuti all’altitudine. In realtà mons. Bettazzi salì senza particolare fatica, anzi, nel bivacco intitolato a Felice Giordano, guida di Alagna, perito in un incidente di soccorso, chiese di proseguire per la Capanna Margherita, 4.554 metri, e ci arrivò».
Mons. Bettazzi tornò altre volte a Varallo; all’Oratorio di Sottoriva presentò alcuni suoi libri, tra cui La sinistra di Dio.
Monsignor Bettazzi in un convegno a Vercelli
Nell’ottobre del 2019 mons. Bettazzi era venuto a Vercelli, in cattedrale, per partecipare insieme a molti altri prelati alle esequie di padre Enrico Masseroni, arcivescovo di Vercelli dal 1996 al 2014, spentosi a Moncrivello.
Alla notizia della dipartita di mons. Bettazzi, domenica mattina, immediato è giunto il pensiero affettuoso e riconoscente dell’arcivescovo di Vercelli, mons. Marco Arnolfo, a nome dell’intera diocesi: «Lo ricordo con speciale riconoscenza per il cammino che ha tracciato nella Chiesa attraverso il suo ministero episcopale e la presidenza di Pax Christi. Possa ora essere accolto dalla Vergine del Monte Carmelo e godere con gli angeli e i santi la beatitudine riservata agli operatori di pace».
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