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08 Maggio 2025 - 19:34
Papa Leone XIV
Dai sobborghi di Chicago alle Ande del Perù, fino alla cattedra di San Pietro. La storia personale di Robert Francis Prevost, oggi Papa Leone XIV, è un racconto di vocazione, dedizione missionaria e rigore spirituale che attraversa tre continenti e unisce anime diverse della Chiesa cattolica.
Nato il 14 settembre 1955 a Chicago, Illinois, Robert è figlio di una famiglia cattolica di origini europee. Fin da giovane entra in contatto con l’ordine degli Agostiniani, affascinato dal loro carisma centrato sulla comunità, la ricerca della verità e l’interiorità spirituale. Dopo gli studi alla Villanova University, prestigioso ateneo cattolico in Pennsylvania, prende i voti nel 1981 e viene ordinato sacerdote il 19 giugno 1982.
Il passaggio chiave della sua biografia è la missione in Trujillo, nel nord del Perù, dove trascorre quasi vent’anni. Qui costruisce chiese, scuole, centri pastorali. Qui impara perfettamente lo spagnolo, stringe legami profondi con la popolazione locale e affronta da vicino le sfide dell’evangelizzazione in un contesto segnato dalla povertà, dall’emigrazione e da ferite sociali. Il popolo lo chiama “padre Roberto”, e ne apprezza il carattere schietto, la spiritualità concreta e la capacità di mediazione.
Nel 2004 viene richiamato negli Stati Uniti per servire come priore generale degli Agostiniani, ruolo che ricopre fino al 2013, periodo durante il quale viaggia in tutto il mondo, consolidando il suo respiro internazionale e il suo senso di Chiesa universale. Nel 2014, Papa Francesco lo nomina vescovo di Chiclayo, nel nord del Perù, segno della fiducia in un uomo che ha dimostrato di saper guidare con umiltà e rigore. Nel 2020 arriva la svolta: viene chiamato a Roma come membro della Congregazione per i Vescovi, e nel gennaio 2023 è designato prefetto del Dicastero per i Vescovi, il più potente tra gli uffici curiali in materia di nomine episcopali. Il 30 settembre dello stesso anno riceve la porpora cardinalizia. Nel frattempo assume anche la presidenza della Pontificia Commissione per l’America Latina, un doppio incarico che ne rafforza il profilo di ponte tra Nord e Sud del mondo.
Robert Prevost non è un teologo accademico né un curiale di carriera. È, piuttosto, un uomo di ascolto, governo pastorale e senso pratico. Conosce la macchina vaticana, ma non ne è mai stato prigioniero. Conosce la vita della gente e vi ha camminato accanto. È considerato un “latinoamericano d’adozione” e un americano per nascita, capace di parlare sia alla Chiesa globale che a quella più radicata nei territori. Chi lo conosce lo descrive come riservato, essenziale, poco incline ai riflettori, ma profondamente convinto dell’importanza della sinodalità e della riforma interna alla Chiesa.
La scelta del nome Leone ha un peso simbolico notevole. Non è un nome comune: l’ultimo Leone, Leone XIII, fu pontefice tra Ottocento e Novecento e passò alla storia per l’enciclica Rerum Novarum, pietra miliare della dottrina sociale cattolica. Prevost ne raccoglie l’eredità nel segno di una Chiesa che non ha paura di parlare di giustizia, diritti, lavoro, pace e dignità umana. La numerazione – XIV – aggiunge una nota di solennità, come se volesse rilanciare quella visione alta della missione papale, non più solo “vescovo di Roma” ma anche guida morale globale.
In un’epoca di divisioni, crisi istituzionali e sfide etiche complesse, Leone XIV potrebbe rappresentare il volto di una Chiesa riconciliatrice, sobria ma determinata, meno ideologica e più vicina ai fedeli. La sua biografia lo accredita come uomo del dialogo, della sintesi e della riforma possibile. La Chiesa cattolica volta pagina. E lo fa scegliendo un uomo che viene dal cuore degli Stati Uniti, ma che ha vissuto e servito tra i poveri del Sud del mondo. Un uomo che conosce i corridoi del Vaticano, ma che ha camminato a piedi nudi tra i villaggi delle Ande. Un pastore che ora guida una Chiesa chiamata a non aver paura del futuro.
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