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Per chi suona la campana

Preti dimezzati, chiese accorpate: la diocesi di Torino fa cassa con l’8 per mille

Dalla moltiplicazione dei pani alla conservazione delle chiese in attesa della chiusura. Le parrocchie chiudono, ma non ufficialmente: così i fondi restano intatti. A Settimo Torinese un solo parroco per cinque chiese. Il Carlo Marx di Mezzi Po declassato a semplice collaboratore

don Antonio Bortone

don Antonio Bortone

Qualche settimana fa uno dei vicari episcopali della diocesi di Torino, don Mario Aversano, ha partecipato ad una affollata assemblea a Moncalieri, da lui convocata, che ha visto riuniti i fedeli delle undici parrocchie del territorio (già due sono state accorpate) e dove ha fatto alcuni importanti annunci. A partire da ottobre le otto parrocchie attuali saranno ridotte a due con due parroci e alla domanda di cosa ne sarà degli attuali la risposta è stata: «potrebbero andare via tutti. O forse no». Insomma, stanno ancora decidendo, ma la rivoluzione è avviata.

Pur non ancora ufficiale, lo stesso percorso si seguirà per Settimo Torinese, dove attualmente sono canonicamente erette cinque parrocchie con i relativi parroci: S. Pietro in Vincoli, S. Vincenzo de Paoli, S. Maria Madre della Chiesa, S. Giuseppe Artigiano e S. Gugliemo Abate (Mezzi Po), tenuto conto che le prime due hanno già lo stesso parroco nella persona di don Antonio Bortone.

Con il cosiddetto «ripensamento della presenza cristiana sul territorio», le parrocchie si ridurranno ad una con un solo parroco. Attenzione però: esse non saranno soppresse, ma solo accorpate, perché in tal modo si manterranno i fondi dell'8 per mille, che invece verrebbero meno in caso di soppressione. Si tratta, insomma, non del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma solo della loro conservazione.

Secondo qualificati rumors, gli attuali parroci di S. Giuseppe Artigiano, don Don Martino Botero Gomez, e di S. Maria Madre della Chiesa, don Stefano Bertoldini, saranno trasferiti altrove, mentre don Antonio Bortone diventerà, insieme alla coadiuvante «diaconessa», l'unico super parroco di tutta Settimo e guiderà, così come è stato detto a Moncalieri, la «cabina di regia unitaria».

Il «Carlo Marx di Mezzi Po», don Paolo Mignani, sarà declassato al rango di collaboratore, ma potrà, considerata la sua verde età, continuare a cantare «Bandiera Rossa» nella sua ridente frazione. In tempi di «trumpismo» imperante, se ne sente la necessità.

Don Paolo Mignani, parroco di Mezzi Po

Don Paolo Mignani, parroco di Mezzi Po

Tutta l'operazione dovrebbe decollare in autunno e sarà presentata, come è ormai di moda nella Chiesa progressista dei curatori fallimentari, quale gradita «sorpresa dello Spirito Santo», così come un tempo, sempre dalla stessa parte, ogni sconfitta assumeva le sembianze dei «segni dei tempi».

Si prepari allora il Popolo di Dio a sentirsi dire che: è arrivata l'ora dei laici (lo si dice dagli Anni Sessanta), occorre camminare insieme (lo si dice dagli Anni Settanta), occorre connettere i campanili (lo si dice dagli Anni Ottanta), l'accorpamento è un passo avanti (verso dove?), un'unica équipe pastorale supplirà alla carenza di preti e via ideologizzando.

Il modello è quello di Grugliasco, dove simile operazione ha già avuto luogo e dove comanda con pugno di ferro il «papa-re», don Paolo Resegotti, uno dei componenti più autorevoli ed ascoltati del gruppo di governo della diocesi. E i cui frutti pastorali, dicono i suoi non pochi accoliti, siano abbondanti e al quale ci limitiamo a ricordare l'antico motto episcopale, risalente a Sant'Agostino e poi tanto caro a San Paolo VI, e che sicuramente egli mette in pratica: prodesse, non praeesse.

* Chi è Fra Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconta di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E non è una santa messa ma di sicuro una gran bella messa, Amen

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